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La scomparsa delle farfalle – Fabio Geda – RECENSIONE

Per me che sono di Torino, ho fatto le superiori alla fine negli anni ’90 e l’università intorno ai primi anni duemila, questo romanzo è semplicemente perfetto per rivivere quegli anni e quell’età. Geda infatti racconta l’adolescenza grazie ad una storia a due tempi, i tardi ’90 e i primi 2000, dove l’amicizia di quattro ragazzi – Anna, Andrea, Cora e Valerio – è la vera protagonista.

La scomparsa delle farfalle ci butta dentro le avventure, gli struggimenti e le emozioni di questi quattro adolescenti alle prese con amori, dolori, felicità e tormenti.
Impossibile non rivedere se stessi di quel periodo, soprattutto in Andrea, tra i quattro quello che ‘sente’ la vita in modo diverso e con maggiore intensità.

Una mattina uno psicologo era andato da loro, a scuola, a parlare di ciò che accade nella testa degli adolescenti e aveva detto che l’intensità delle emozioni che si provano durante l’adolescenza non è dovuta al fatto che accadano cose più emozionanti, ma alla chimica del cervello che non sarà mai più così sensibile al calore emotivo degli avvenimenti, motivo per cui da adulti, si ricordano più eventi banali risalenti all’adolescenza che a qualsiasi altro periodo della vita

Torino è lo sfondo attivo di questa storia e la bottega, nonché il personaggio assolutamente non secondario, di Azeglio è il perfetto sunto di una certa ‘torinesità’ in cui le cose non si pubblicizzano, non si sbandierano, si fanno e basta. Azeglio è, per semplificare, un rigattiere. Ma è molto di più, Azeglio diventa una figura paterna e la sua bottega un rifugio. Il luogo di ritrovo, quando non c’erano gli smartphone e nemmeno i cellulari era tutto un ‘ci vediamo lì alle 18.00’, sembra una cosa incredibile oggi, in un quarto di secolo questa parte delle nostre vite è drasticamente cambiato.
Oltre a Azeglio sono moltissimi i personaggi ‘altri’ perché secondari no, non è la parola giusta, comprimari forse, sicuramente parte del coro, una comunità che circonda Andrea e gli altri.
E poi ad unire i quattro amici c’è anche la musica:

In anni in cui la musica era una religione e Torino un luogo di pellegrinaggio trovarono terreno comune in un concerto al PalaStampa, un palazzetto dall’acustica terrificante costruito pochi anni prima alle Vallette vicino allo stadio delle Alpi. […]Amici di Roland, Bandamanera, Cantovivo, Fratelli di Soledad, Funky Lips, Karamamma, La Cosa, Malasangre, Mao e la rivoluzione, Mau Mau, Persiana Jones, Perturbazione, Slep, Statuto. C’era solo un gruppo di cui non avevano ancora sentito palare, i Subsonica […]

Accade poi, in modo accessorio, che la crescita porti con sé il cambiamento:

Guardò i suoi migliori amici ed ebbe la sensazione che non si appartenessero più come si erano appartenuti in passato

Anche perché

Se l’inizio dell’adolescenza è di natura biologica, la sua fine è culturale.

Per buona parte di quella generazione, la mia generazione, la fine dell’adolescenza è segnata dai fatti di G8 di Genova

è tutto finito. – diceva.- Non ci risolleveremo più -. Parlava di una alleanza tra forze progressiste che avrebbero potuto finalmente trovare rappresentanza politica e che ora era dispersa, spazzata via. -Hanno vinto loro.

In questo libro, scritto con stile e garbo, si trova un coacervo di emozioni tutte da dipanare, ma anche tanto di Torino e delle vicine montagne, il romanzo scorre veloce e fluido come un film grazie alla scrittura asciutta ma efficace di Geda.
E poi, dicevamo, c’è la vera protagonista: l’amicizia.

compagni di viaggio tra i tanti che avrebbero avuto, cambiato e incontrato e amato, tra quiete, tempeste, calore e confini e grammatiche, attraverso i luoghi e le conversazioni e le scelte e i chilometri che li avrebbero separati per periodi di diversa lunghezza e intensità, attraverso i modi che avrebbero trovato per non perdersi: le telefonate, i messaggi nelle segreterie, gli sms, le lettere, la posta elettronica, e poi i social network e i gruppi su WhatsApp e le foto e i video e i vocali e le cene, quando si riusciva, se ci riusciva, e a gennaio gli auguri, sempre, e gli anni accumulati e la routine, e i giorni difficili e quelli indulgenti, e l’amore e l’amicizia che ognuno, a modo suo, avrebbe continuato caparbiamente a coltivare.

Recensione a cura di Bianca Casale


Quarta di copertina: Quando in montagna Andrea viene travolto da un fiume di fango, nel tentativo di salvarsi non si aggrappa solo ai rami bassi degli alberi, ma anche, con la stessa forza, ai fili tesi dal ricordo di un’amicizia. Tra conflitti e occasioni di meraviglia, tra realtà quotidiana e rivelazioni, quattro ragazzi intrecciano le loro vite con tutta l’energia della giovinezza. Un ritratto commovente di quella stagione dell’anima che più d’ogni altra si imprime in ciascuno di noi e sceglie il nostro destino. Anna, Andrea, Cora e Valerio sono compagni di scuola. Assieme studiano, si divertono, sperperano con allegria le giornate. Il perno di queste esistenze – ancora brevi e già segnate da perdite e ferite – è il negozio di un anziano rigattiere nei vicoli di Torino, un luogo che diventa una specie di base, talvolta di rifugio. Il tempo, però, non regge la richiesta di perfezione, di assoluto, che l’adolescenza pretende. Il desiderio si insinua nel gruppo e lo logora. Andrea, che rispetto agli altri percepisce ogni cosa con intensità maggiore, a poco a poco si isola: a fargli mancare il fiato sono tanto la bellezza impetuosa del presente, quanto il senso di minaccia che arriva dal futuro. Ma nel momento in cui si troverà in pericolo i suoi amici, quegli amici unici che solo una certa età ti regala, saranno di nuovo con lui.


Chi è Fabio Geda?

Fabio Geda (1972, Torino), si è occupato per anni di disagio giovanile, esperienza che ha spesso riversato nei suoi libri. Ha scritto su «Linus» e su «La Stampa» circa i temi del crescere e dell’educare. Collabora stabilmente con la Scuola Holden, il Circolo dei Lettori di Torino e la Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura. Esordisce nel 2007 con Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani; segue L’esatta sequenza dei gesti (2008) e Nel mare ci sono i coccodrilli (2010) che ha avuto uno straordinario successo sia in Italia che all’estero. Nel 2011 esce L’estate alla fine del secolo, mentre del 2014 è Se la vita che salvi è la tua (Einaudi). Nel 2015 esce il primo volume della serie per ragazzi Berlin (Mondadori) scritta insieme con Marco Magnone, del 2017 Anime scalze (Einaudi). Nel 2019 pubblica per Einaudi Una domenica.

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La mia vita nella tua, Jojo Moyes – recensione

inspira per sei secondi, trattieni per tre, espira per sette.

Potremmo risultare ripetitive, ma anche questa volta non possiamo esimerci da dire che Jojo Moyes non delude mai.
A distanza di due anni è tornata, passando forse un po’ in sordina, con un nuovo romanzo incentrato sulle donne e non sbaglia il colpo neanche questa volta.


Carrie Bradshaw sarebbe orgogliosa di sapere che un paio di scarpe Christian Louboutin, nonostante lei sia una grande amante delle Manolo Blahnik, possa aver fatto la differenza nelle vite di Nisha e Samantha. Sono loro le due donne protagoniste, due donne con vite completamente diverse, ma che nella loro diversità si ritrovano unite da un paio di scarpe e forse qualcosa di più. Molto di più.


La Moyes è solita usare i suoi romanzi per raccontare il coraggio e la forza delle donne, le sue sono eroine contemporanee. Eroine alle prese con un mondo ancora patriarcale, per niente inclusivo e a tratti deprimente.
Ma come solo le eroine possono fare queste donne spazzano via tutto e si scoprono più forti quando sono unite.
A volte basta una coincidenza per fare di estranee completamente diverse una squadra inarrestabile. In questo caso, si tratta di un paio di Louboutin.


A nostro avviso ha superato il romanzo precedente e rimane una fuoriclasse intoccabile nella sua categoria.
La trama non è banale e mai scontata, è divertente e toccante al punto giusto.
Ogni volta Jojo Moyes riesce a scrivere qualcosa di più bello ed intenso, i personaggi pennellati benissimo prendono vita come se li si avesse davanti, anche quelli secondari.
Le donne di Jojo poi sono incredibili: personaggi perfetti che rendono onore e giustizia alla complessità dell’immenso universo femminile. Assolutamente delle protagoniste indiscusse come lo è la Moyes nell’empireo delle grandi scrittrici.

P.S. questo libro sarebbe un grande, grandissimo film.


Quarta di copertina: Nisha vive nel lusso grazie al matrimonio con un ricco uomo d’affari fino al giorno in cui, di punto in bianco, lui le chiede il divorzio e la estromette dalla sua vita, privandola di tutto ciò che fino a quel momento possedeva. Benché Nisha sia determinata a tenersi stretti i suoi privilegi, ciò che le rimane è solo una borsa da palestra di un’altra donna con dei vestiti a buon mercato che non le appartengono. Sola e abbandonata, comincia a capire cosa significhi non avere più nulla, il peggiore dei suoi incubi, e dover ripartire da zero. Sam, invece, sta vivendo una profonda crisi. Suo marito è disoccupato e depresso, sua figlia sembra non accorgersi neanche di lei e non ha nessuna soddisfazione sul lavoro. Sam è una donna dall’animo gentile, che si è dimenticata di se stessa per soddisfare solo i bisogni degli altri. Quando si accorge di aver preso per sbaglio la borsa di un’estranea in palestra e si trova costretta a indossare delle provocanti scarpe rosse di coccodrillo di Christian Louboutin per partecipare a una serie di riunioni di lavoro, inizia a rendersi conto che qualcosa deve cambiare: incredibilmente quei tacchi vertiginosi la portano a una svolta. Jojo Moyes ha un talento speciale nel parlare dritto al cuore delle donne, descrivendo con sensibilità le loro fragilità e la loro grande forza. La mia vita nella tua è una commedia ricca di sorprese e colpi di scena, ma soprattutto una storia sul valore dell’amicizia al femminile.


Chi è Jojo Moyes?

Pauline Sara Jo “Jojo” Moyes (Londra, 4 agosto 1969) è una scrittrice, sceneggiatrice e giornalista inglese, due volte vincitrice del premio RomanticNovel of the Year Award da parte della Romantic Novelists’ Association.
Ha lavorato come giornalista per dieci anni all’”Independent” prima di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. Con Io prima di te (2013), da cui è stato tratto un film di grandissimo successo nel 2016, e Dopo di te (2016) è diventata una delle scrittrici più affermate al mondo. È tradotta in quaranta paesi e i suoi romanzi sono sempre in testa alle classifiche. Mondadori ha pubblicato tutti i suoi romanzi, tra cui Luna di miele a Parigi e La ragazza che hai lasciato nel 2014, Un weekend da sogno e Una più Uno nel 2015. L’autrice vive nell’Essex con il marito e tre figli.

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L’infinito tra me e te, Mariana Zapata – recensione


“Forse era quello che non avevo mai capito dell’amore prima di incontrare Aiden. Come il football, come l’arte, come qualsiasi cosa chiunque al mondo avesse mai voluto, l’amore era un sogno. E come qualsiasi sogno, non dava sicurezze.Non cresceva da solo.Non sbocciava senza nutrimento.
Era più grande proprio nei suoi dettagli.
Ed era più forte proprio per l’assenza di egoismo. E poteva durare per sempre con qualcuno che non avesse paura di cogliere sempre le possibilità che offriva.

Nel mondo del new adult spesso e volentieri capito in trame trite e ritrite che riescono ad annoiarmi a morte, ma non è questo il caso.
Quando ho notato il numero delle pagine ero un po’ spaventata perché mi aspettavo il peggio ed un clichè dietro l’altro, sono invece rimasta contenta del fatto che non si è rivelato il solito romance.
E’ il primo romanzo di questa scrittrice che finisce nella mie grinfie e, sicuramente, non sarà l’ultimo. L’ho trovato grazie al booktok e dopo aver letto un piccolo stralcio ero curiosa di saperne di più.
Ed è così che ho passato tre giorni attaccata al Kindle leggendo avidamente le cinquecento e rotte pagine.
La trama mi ha sorpresa in positivo sotto molti aspetti come, ad esempio, la storia d’amore tra i due protagonisti che va molto (d’altronde ho scoperto solo dopo che era uno slow burn. Genio che sono!) a rilento ed è per questo che l’ho trovata ancora più interessante. Tutto matura piano piano – tra gesti, silenzi ed anche incomprensioni – fino a sfociare in un sentimento davvero molto profondo.
Sia Vanessa che Aidan arrivano da storie familiari complesse, ma entrambi ne sono usciti, non senza cicatrici. E sono proprio quelle cicatrici ad unirli.
Due anime gemelle che non si sono cercate, ma che si sono trovate senza volerlo.
L’infinito tra me e te ‘ è davvero uno dei migliori nella sua categoria, a parer mio.
Tra l’ironia alternata a momenti più profondi e toccanti si dipana un intreccio per niente banale, con protagonisti ben delineati e non si riesce a smettere di leggere.
Uno stile narrativo, quello della Zapata, che ho scoperto di apprezzare.
Il fatto che sia Vanessa sia Aidan siano persone così incasinate, nelle loro imperfezioni e nei loro sentimenti, mi ha fatto subito affezionare a loro ed alla loro storia.
5 stelle meritatissime e super consigliato.


Quarta di copertina: Vanessa Mazur sa che sta facendo la cosa giusta. Non ha alcuna intenzione di sentirsi in colpa per aver mollato il lavoro di assistente tuttofare di Aiden Graves: è sempre stato un impiego temporaneo. Lei ha altri piani per il futuro, ha delle ambizioni, e di certo non comprendono il ruolo di fatina personale di una star del football. E allora perché quando Aiden si presenta alla sua porta, pregandola di ripensarci, Vanessa esita? Per due anni, l’uomo che la stampa chiama “il Muro di Winnipeg” è stato il suo incubo: neanche un buongiorno al mattino, o un sorriso il giorno del suo compleanno. Era talmente concentrato sullo sport che sembrava non accorgersi nemmeno di chi o cosa lo circondasse. Cos’è cambiato, allora? Quello che Aiden chiede, per Vanessa è semplicemente incomprensibile. Dopo il modo in cui è stata trattata, lei desidera solo dedicarsi alla sua vera passione, il design, e lasciarsi alle spalle l’indifferenza. La perseveranza di Aiden sarà in grado di farle cambiare idea? In questo genere di partite, segnare un punto richiede pazienza, gioco di squadra e una buona dose di determinazione.


Chi è Mariana Zapata?


Ha cominciato a creare storie d’amore praticamente il giorno stesso in cui ha imparato a scrivere. Da bambina rubava i libri dalla libreria di sua zia, ancora prima di capirne il senso. È nata in Texas ma vive in Colorado con suo marito e due alani giganteschi, Dorian e Kaiser. La Newton Compton ha pubblicato Questa nostra stupida storia d’amoreLuna e le bugie, Ogni strada porta da te, Non so perché ti amo. From Lukov With Love e L’infinito tra me e te. The Wall of Winnipeg and me.

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Tu prima di me (Two Wrongs Make a Right), Chloe Liese – recensione

«Il percorso dell’ape va dalla testa al cuore. Per ricordare a me stessa quello che ho imparato in terapia: i pensieri a volte mentono, il cuore mai. Mi ricorda che il mio cuore da cosa fare meglio di tutto il resto».

Il romanzo ‘Tu prima di me‘, ispirato alla commedia ‘Molto rumore per nulla‘ di Shakespeare, è il primo romanzo della serie The Wilmot Sisters composto dal magico trio di sorelle Beatrice e Juliet, gemelle omozigote, e Katarina, la più piccola.
La serie è composta, al momento, da:

  • Tu prima di me ( Two wrongs make a right) – febbraio 2023
  • Better hate than ever (in uscita a settembre 2023 in lingua originale)


Quando due essere umani che si sentono difettosi e non hanno niente in comune, sono ‘sbagliati’, ma insieme possono essere incredibilmente giusti…cosa ne potrebbe venir fuori?
Un romanzo pieno di romanticismo, divertente e di una tenerezza unica: una serie di equivoci, di battute e di momenti spicy interessanti che vi terranno incollate alla lettura fino alla fine delle 356 pagine.
I protagonisti Jamie e Bea sono davvero splendidi, reali nelle loro imperfezioni e nelle loro paure, la vicenda amorosa è davvero divertente rendendo la lettura fluida e leggera.
E poi tutte quante nella nostra vita meritiamo un James Westemberg.
Le tematiche affrontate sono molto attuali, a partire dalla neuro divergenza alle relazioni tossiche, raccontate con la giusta delicatezza senza sfociare nel banale o nel violento.
Infatti, come anche detto dalla scrittrice, questo romanzo è per chiunque si senta troppo spesso relegato ai margini, a chiunque si sia sentito ferito, incompreso e trascurato. A chiunque si chieda se o come potrà mai sentirsi parte di qualcosa. A volte basta solo trovare la persona giusta che ti accetti così come sei e ti ami lo stesso con pregi, difetti e disturbi.
Ho atteso tantissimo per leggerlo e non sono rimasta delusa.
Chloe Liese, anche lei con un disturbo di divergenza, sa come far breccia nel cuore di noi romantiche e sognatrici lettrici e da brava amante dei romance consiglio di leggere ‘Tu prima di me‘ per potersi svagare un po’ e ridere, per qualche ora.

Recensione a cura di Rossella Zampieri


Quarta di copertina:

Jamie Westenberg e Bea Wilmot non hanno nulla in comune, a parte un primo incontro disastroso. Lei ha un disturbo nello spettro autistico, lui è un maniaco del controllo che detesta gli imprevisti. Per questo, quando i loro rispettivi amici gli tendono un tranello per farli mettere insieme, si sentono ingannati e realizzano di aver in comune finalmente una cosa: il desiderio di farla pagare a quegli insopportabili impiccioni. Fingeranno di essersi perdutamente innamorati, prendendosi gioco degli aspiranti Cupido, per poi rompere in maniera spettacolare, così da porre fine una volta per tutte alle intrusioni nelle loro vite sentimentali. C’è solo un problema: perché il piano funzioni è necessario che l’amore sembri autentico. Il che vuol dire trascorrere parecchio tempo insieme. E se fingere di essere innamorati diventasse improvvisamente sempre più facile? Forse, allora, gli intriganti Cupido non avevano sbagliato del tutto la mira…



Chi è Chole Liese?

Chloe scrive romanzi che riflettono la sua convinzione che tutti meritino una storia d’amore. Le sue storie racchiudono un pugno di calore, cuore e umorismo e spesso presentano personaggi neurodivergenti come lei. Quando non sogna il suo prossimo libro, Chloe trascorre il suo tempo vagando nella natura, giocando a calcio e felicemente a casa con la sua famiglia e i gatti dispettosi.

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Come funziona davvero il mondo? Le risposte della scienza nel nuovo libro di Vaclav Smil

«Non sono né un pessimista né un ottimista, sono solo uno scienziato che prova a spiegare come funziona davvero il mondo».

Cosa mi aspetto quando mi metto a leggere un libro di divulgazione scientifica di così ampio respiro?

Mi aspetto che il libro presenti un’analisi dettagliata e scientificamente solida delle questioni trattate, basata su dati e ricerche recenti.

Mi aspetto anche che l’autore abbia una prospettiva ampia e una comprensione approfondita delle materie in questione, fornendo spiegazioni chiare e accessibili anche per il lettore non specializzato.

Inoltre, mi aspetto che il libro presenti una prospettiva critica e obiettiva, che valuti i vari punti di vista e consideri le implicazioni per la società e il mondo in generale.

Vaclav Smil è riuscito a centrare l’obiettivo di tutte queste aspettative e anche ad andare un pochino oltre.

Il saggio è accessibile ma completo e estremamente interessante nell’approccio divulgativo, il linguaggio è comprensibile, non scontato e soprattutto mai banale.

Da leggere assolutamente.

Come funziona davvero il mondo. Energia, cibo, ambiente, materie prime: le risposte della scienza

Su cosa si regge un sistema globale in cui per fare arrivare un pollo in tavola è necessaria una quantità di energia pari a mezza bottiglia di greggio? Tra i massimi esperti di scienze ambientali, Vaclav Smil descrive con straordinaria chiarezza i meccanismi complessi che permettono il nostro benessere e immagina, per noi, un futuro possibile.

Il mondo in cui viviamo consuma 370 milioni di tonnellate di plastica l’anno, 150 milioni di ammoniaca, 1,8 miliardi di tonnellate di acciaio e 4,5 miliardi di tonnellate di cemento. Il lavoro ormai decennale di Vaclav Smil si fonda su una certezza incrollabile: per affrontare qualsiasi problema in maniera efficiente è necessario conoscere i fatti e partire dai dati. Accompagnati nell’esplorazione di principî e macrosistemi ci scopriremo di volta in volta sorpresi, indignati, fiduciosi. E, a lettura ultimata, certamente più informati e consapevoli.

Vaclav Smil è professore emerito presso la facoltà di Scienze ambientali dell’Università di Manitoba a Winnipeg, Canada. Ha scritto oltre 40 libri e quasi 500 articoli su energia, ambiente e tecnologia. Nel 2010 è stato nominato dalla rivista «Foreign Policy» come uno dei 100 migliori pensatori globali e nel 2014 è diventato membro dell’Ordine del Canada.

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Spare: Harry e l’insostenibile inutilità di un best seller – recensione

di Valentina Isernia

Se qualcuno vive ancora nell’illusione che in questo libro ci sia qualcosa di scandalosamente inedito, partiamo dal presupposto che no, non c’è. 

L’ottimo lancio mediatico di “Spare” prometteva rivelazioni che avrebbero portato alla rottura definitiva tra il principe Harry e la famiglia reale, ma questo è già avvenuto due anni fa e certamente per altri motivi.

Tratti del racconto sono interessanti, altri di una noia mortale, altri ancora pieni di aneddoti che rasentano il ridicolo. Partiamo dall’inizio.

Il libro non è tutta farina del sacco di Harry, ma è scritto a quattro mani niente di meno che con il premio Pulitzer J.R. Moehringer. Forse per questo, acquistandolo, ci aspettavamo qualcosa di meglio. Tuttavia, neanche con le più grandi capacità si può creare un capolavoro, se di base il contenuto è essenzialmente ridicolo.

Inizio più che scontato, Harry fa partire il suo racconto dal funerale di Lady Diana. I primi capitoli sono un susseguirsi di “Ho questo ricordo importante ma non so posizionarlo esattamente nel tempo, lo poggio qua perché ci sta bene”. Seguono poi tutta una serie di descrizioni dettagliatissime, in netta contraddizione con i ricordi offuscati, che nemmeno le migliori menti fra noi potrebbero ricordare così bene dopo 25 anni e che hanno un unico scopo: terminare con frasi enfatiche su quanto tutto sia il risultato di essere sempre stato trattato come la ruota di scorta della famiglia, con l’addizionale trauma derivato dall’essere rimasto orfano.

Vittimismo buttato qua e là ovunque, senza raccontare episodi che davvero confermino che sia stato una vittima. Banalità del tipo “Se io e William dovevamo dividere una stanza, a lui veniva data la parte più bella perché era l’erede”.
Il racconto prosegue con gli anni della scuola, capitoli interessanti unicamente perché ci dice qualcosa dello spaccato di vita dei college privati inglesi, sicuramente non per le avventure di Harry. L’unica informazione appena pertinente che arriva è che negli anni in cui si sono trovati a frequentare lo stesso istituto, William fingeva di non conoscere il fratello minore. In tutta onesta, niente di particolarmente scandaloso per chi si è trovato a vivere il ruolo di figlio minore: a volte è capitato con i miei stessi fratelli, che al massimo potevano aspirare al trono del posto migliore a tavola.

Una rapida svolazzata sulle storie d’amore non andate in porto durante la giovinezza ci anticipa che ci sarà un lungo ed estenuante capitolo sull’incidenza dei media nella vita privata dei reali, ma non è ancora il momento: Harry si sente in dovere di raccontare le sue gesta eroiche nell’aeronautica militare, strada che intraprende perché palesemente incapace di proseguire gli studi. Si susseguono, così, pagine e pagine di informazioni che il 99% dei lettori non può nemmeno processare, su combattimenti aerei e modelli di armi che il principe padroneggia con maestria ma che, haimè, non può veramente mostrare al mondo. Per comandanti e commilitoni diventa infatti “Una calamita di proiettili” perché, in sostanza, di qualsiasi battaglione faccia parte diventa obiettivo sensibile dei terroristi. Chi se lo sarebbe mai aspettato! Immancabilmente dà la colpa ai media, che rivelano ai terroristi la sua esatta posizione nonostante lui e i comandanti tentino di mantenerla segreta.
Lui però vuole andare in guerra con tutto se stesso. Anche a costo di mettere a repentaglio la sicurezza altrui. Questo passaggio è da sottolineare, conservatelo per dopo.

La tentazione di saltare pagine e pagine di inutili racconti bellici è enorme – ammetto di aver saltato qualche paragrafo dopo una veloce scorta -.
Finalmente arriviamo alla seconda parte del libro: la storia con l’angelo venuto dal Paradiso, Meghan Markle.
Un continuo susseguirsi di aneddoti di quanto Meghan fosse bella, brava, buona, gentile, fragile, forte, assolutamente un’anima innocente e pronta a quel sacrificio che le ex fidanzate non avevano retto: la pressione della stampa pur di indossare una coron…hem, stare con lui.

Il modo in cui la loro storia d’amore è nata non solo non è un granchè, ma tutto c’entra tranne che con l’amore. Lui la vede su Instagram, si innamora (ma, diciamocelo, nel tempo ha dimostrato che si sarebbe innamorato anche di una pietra purché avesse realizzato il suo sogno di sposarsi e mettersi in pari con il fratello).
Il libro racconta anche un paio di banali episodi che, secondo Harry, dimostrano come lei non conoscesse nulla della famiglia reale.
NULLA.
Allora, o tutto quello che ci stai dicendo sulla stampa e il suo sbattere la tua vita ovunque è falso (e possiamo dare diretta testimonianza che non lo sia), oppure è falso tutto quello che pensi di Meghan Markle e il suo cadere dalle nuvole nel sentir parlare della famiglia reale e dei suoi schiaccianti protocolli. Una delle due.

Anche perché Markle viene sempre presentata come una donna più colta e informata rispetto ad Harry, possiamo solo pensare che non abbia mai letto un giornale, nemmeno per sbaglio.

Desideroso di raccontare quanto sia stato magico il loro incontro, Harry narra un episodio che ha del ridicolo. Prima lettera di Harry a Meghan: aveva perso il cellulare in acqua durante una vacanza con gli amici in Africa. Siamo agli inizi, quando loro due passano giornate intere a inviarsi messaggi. Manda la lettera per posta, ma per stringere i tempi fa una foto e la invia tramite il WhatsApp dell’amico. L’unica spiegazione che riesco a darmi è che l’amico non aveva una tastiera.

Lo fa per ben due volte, la seconda dopo aver agghindato la missiva con fiori del deserto e un pezzo di corteccia. 

Ah, comunque poi scoprono che a entrambi piace il pollo arrosto, quindi non c’è proprio storia, deve essere quella roba sulle anime gemelle di cui parlano tutti.

Pian piano il libro si avvia verso la conclusione. Le piccole insinuazioni sulla cattiveria della famiglia sparse nelle pagine precedenti qui diventano certezze: padre, fratello e matrigna che prima avevano palesemente adorato Meghan, ora non solo non la difendono (e a niente vale la loro replica che non l’avessero mai fatto con le proprie donne, figurarsi con la sua), ma collaborano in segreto con la stampa raccontando scomode scaramucce e false verità.

In conclusione, tutta la storia di come, spogliati di tutto, sono stati costretti a vendersi per milioni di dollari e a trasferirsi in America, dove si sono fatti da soli, grazie al duro lavoro della terra:

Qui riprendo l’informazione sulla sicurezza altrui lasciata in sospeso. La coppia pretende protezione della scorta pagata dalla famiglia, come è sempre stato fino a quel momento. La miaccia è dietro l’angolo, Meghan piange, Meghan vorrebbe porre fine alla sua vita perché così quella di Harry tornerebbe al sicuro. Parliamo dello stesso individuo a caccia di moglie che voleva andare in guerra nel mirino dei terroristi – e con lui i suoi compagni. Ovviamente gli viene rifiutata, la regina non casca nell’astuta proposta di rimanere part-time al servizio della corona, una roba che la costringerebbe a pagare una scorta che dovrebbe seguire i principini tra America, Inghilterra e giri vari nel resto del mondo. A spese dei contribuenti.

Linguaggio semplice, scorrevole se si è in cerca della straordinaria rivelazione (che non arriverà mai). Avrei risparmiato questi soldi, ma se proprio volete confutare quanto appena detto, risparmiate dieci euro e non prendete la versione cartacea (che tra l’altro in Inghilterra è scesa del 50% già dopo due giorni).

Poco dopo la lettura di “Spare” ho acquistato “William e Harry, Da inseparabili a nemici” di Antonio Caprarica. L’unica pecca di Caprarica è il linguaggio meno basilare, meno scorrevole, ma ritroverete nel suo scrivere un racconto più completo, con molti più riferimenti storici – dato che a volte si sofferma a dare informazioni sulla famiglia reale che hanno meno a che fare con l’autodifesa spudorata e più con il racconto oggettivo. Nonostante sia stato pubblicato prima, ripercorre la stessa storia raccontata da Prince Harry, chiarendo che alcuni dialoghi e informazioni vengono da persone vicine alla coppia, ma il confronto con quanto raccontato da Spare ci dà in questo caso la possibilità di dire che è tutto vero, solo senza paranoie e vittimismi.



Casa Editrice: Mondadori

Prezzo: € 25,00 (cartaceo), € 15,99 (ebook)

Pagine: 540 pagine

Quarta di copertina: È stata una delle più strazianti immagini del Ventesimo secolo: due ragazzini, due principi, che seguono il feretro della madre sotto gli occhi addolorati e inorriditi del mondo intero. Mentre si celebrava il funerale di Diana, principessa del Galles, miliardi di persone si chiedevano quali pensieri affollassero la mente dei principi, quali emozioni passassero per i loro cuori, e come si sarebbero dipanate le loro vite da quel momento in poi. Finalmente Harry racconta la sua storia. Con la sua cruda e implacabile onestà, “Spare. Il minore” è una pubblicazione epocale. Le sue pagine, dense di analisi e rivelazioni, sono frutto di un profondo esame di sé e della consapevolezza – conquistata a caro prezzo – che l’amore vince sempre sul lutto.

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Artia di Camelot, Cecilia Randall – Recensione

Pensandoci, è assurdo che una donna non possa fare lo scudiero.

La Randall si lancia in un retelling ‘pericoloso’: se al posto di Artù a liberare la spada nella roccia fosse una ragazza?
Azzardato? Forse, ma arrivare a tanto non è per tutti, un tale livello di ‘rischio’ è possibile solo quando si ha capacità e grande potenza di scrittura e, soprattutto, nessuna paura.
Perché ripensando una leggenda tanto famosa e importante ci si può imbattere in critiche anche feroci e sicuramente non è facile cercare di trovare un punto di vista originale su una delle storie più raccontate di sempre.
Ma la Randall lo fa e ci riesce da grande maestra.
La storia si dipana velocemente e ci presenta subito la protagonista Artia, una ragazza appena sedicenne che vive con zii.
Personaggi che provocano da subito una proverbiale antipatia visto che la tengono sostanzialmente come una prigioniera da usare come merce di scambio per soldi, terreni e potere.
Artia però non pare accettare lo stato delle cose e il primo moto d’orgoglio che le vediamo fare è scappare a gambe levate non appena si rende conto che ne ha l’occasione.
Diciamo che la possibilità di non prendere più botte e di non essere più scambiata come una vacca è piuttosto allettante.
Scappa e da lì è tutto un turbine di avventure rocambolesche che fanno della lettura un momento davvero piacevole e avvincente.
Incontra Merlino, Ninive, Ygraine e Uther Pendragon, dimora a Camelot e estrae la spada dalla roccia. Come e cosa accade però non si dice.
Qui siamo spoiler free, anche se la storia potrebbe (ma non è così) essere risaputa.

Il libro è categorizzato come fantasy Young Adult soprattutto per via dell’età del personaggio principale ma penso che sia un fantasy apprezzabile a tutte le età, ha tutto quello che serve e anche qualcosa in più: l’audacia di trattare temi delicati come il ruolo femminile e la libertà di amare chi si vuole e farlo usando uno dei miti più famosi del mondo.

Un plauso alla Randall anche per la qualità di scrittura raggiunta, la strada da Hyperversum è stata tanta e il mestiere si vede e si legge.

Nel panorama del fantasy italiano la penna della Randall è, a mio avviso, una delle più raffinate ed eleganti, una delle migliori.


Autore: Cecilia Randall
Editore: Giunti Editore
Prima edizione: 9 novembre 2022
Pagine: 528 p. rilegato
Età di lettura: Young Adult
EAN: 9788809963702

Quarta di copertina: Per Artia, sedici anni, il futuro sembra già scritto: un matrimonio che altri hanno deciso per lei, come si conviene a una ragazza di buona famiglia. Solo che lei non ci sta: rivendica il diritto di scegliere la propria strada, opponendosi alle convenzioni e alle forze contrapposte che conoscono il segreto della sua nascita e che vorrebbero usarla nel grande gioco di potere che ruota attorno al trono. Nella lotta tra chi la vorrebbe eliminare e chi invece vorrebbe spingerla verso una misteriosa spada infilata in una roccia, Artia dovrà decidere chi è davvero. La sua risposta può cambiare il futuro della Britannia. Una storia coinvolgente con protagonisti a cui è impossibile non affezionarsi.



Chi è l’autrice: Cecilia Randall è lo pseudonimo di Cecilia Randazzo, scrittrice di romanzi fantasy e di racconti, nota soprattutto per la trilogia di Hyperversum.
Dopo aver conseguito una laurea in lingue, inizia a lavorare come grafico e web designer in un’azienda specializzata in servizi per il web e occasionalmente come illustratrice. Nel 2006 ha pubblicato il romanzo Hyperversum, con il quale si è aggiudicata nel 2006 il Premio Letterario Nazionale Insula Romana per la sezione “Narrativa edita ragazzi”, seguito da Hyperversum – Il falco e il leone e Hyperversum – Il cavaliere del tempo. Nel 2010 è uscito il romanzo Gens Arcana, mentre la sua ultima saga, Millennio di fuoco – Seija e Millennio di fuoco – Raivo sono usciti tra il 2013 e il 2014. Nel 2018 esce Lucas dalle ali rosse (De Agostini).

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Ti aspetto a Central Park, Felicia Kingsley – recensione

Le emozioni le devi tirare fuori, altrimenti diventano dei blocchi di cemento che ci schiacciano l’anima.

Un nome, una garanzia: Felicia Kingsley.
Anche colei che non delude mai.
É uscito a inizio mese il secondo romanzo, il primo ‘Non è un paese per single‘ ha visto la luce a gennaio di quest’anno, edito sempre dalla casa editrice Newton Compton Editore.
E dovrei davvero smettere di scrivere recensioni in merito ai romanzi di questa scrittrice perché sono ormai ripetitiva e mi trovo noiosa io stessa.
Prima o poi vi ritroverete una sola parola come giudizio finale: leggetelo.
Ogni volta un pezzo del mio cuore rimane incastrato tra le pagine di un romanzo di questa talentuosa scrittrice ed è proprio questo che mi piace: lasciarci il cuore.
La seguo dagli esordi e negli anni non ha fatto altro che migliorare ed ora Knight e Victoria, protagonisti di questo ultimo romanzo, hanno sbaragliato tutti gli altri precedenti personaggi.
A mio parere è il migliore mai scritto dall’autrice: è il più lungo (sono ben 480 pagine e per quanto mi riguarda potevano anche continuare), il più piccante ed il suo lavoro più maturo.
Le caratteristiche principali di un romanzo della Kingsley sono le risate, i personaggi scoppiettanti ed i dialoghi frizzanti, ma leggendolo ho davvero percepito un livello superiore sia per quanto riguarda la scrittura e sia per gli avvenimenti.
Si ride, certo, i dialoghi sono sempre brillanti e Knight e Victoria fanno scintille in tutti i sensi, ma vengono anche trattate tematiche più forti come ad esempio la morte di una persona cara e di attualità come la malattia della protagonista e molto altro.
Questi eventi non tolgono comunque al romanzo i requisiti principali, anzi lo arricchiscono ancor di più, differenziandolo dagli altri.
Mi è anche piaciuta molto la presenza (sia fisica che menzionata) di alcuni personaggi degli altri suoi romanzi che non vi cito per non spoilerare e per vedere se li riconoscete!
I capitoli si susseguono uno dietro altro e devi sapere come andrà a finire ed il lieto fine deve esserci. Sempre.

«Non credi nel lieto fine?»
«Tu sì?», la sfido.
«Perché non dovrei crederci?»
«Perché siamo otto miliardi?!», ribatto cinico. «Davvero pensi che la tua anima gemella sia lì, dietro l’angolo, ad aspettare di scontrarsi con te in un magico giorno di pioggia?»
«Già inciampare in qualcuno in un magico giorno di pioggia sarebbe qualcosa», replica stringendosi nelle spalle. «Ma secondo me è perché la stiamo guardando nel modo sbagliato. Quello dei romance non è un lieto fine, è un lieto inizio».
«La storia racconta l’innamoramento dei protagonisti e l’ultima pagina termina con loro che si mettono insieme. È sì la fine del libro, ma in realtà è il loro inizio».
«Potresti aver detto una cosa giusta».
Lei mi fissa con sguardo cupo. «Ho certamente detto una cosa giusta».


Non vi nascondo che in alcune parti due o tre lacrimucce mi sono scese.
Il romanzo è ambientato principalmente a New York ed entrambi i protagonisti lavorano nel mondo dell’editoria (ho adorato questa cosa!) ed ovviamente sono enemies to lovers.
Un po’ vi invidio se non avete ancora letto ‘Ti aspetto a Central Park‘ perché avete la possibilità di leggere di Knight e Victoria e di innamorarvi di tutta la storia, come è successo a me.
Ovviamente non mi dimentico di aggiungere la playlist che puntuale Felicia Kingsley pubblica sul suo profilo spotify.
E’ già tra le mie preferite, insieme ovviamente al romanzo.


Knight Underwood ha tutto: un elegante loft nell’Upper East Side, una fila di donne alla porta e il lavoro dei suoi sogni. O quasi. È l’editor che detiene il record di bestseller pubblicati dalla Pageturner Publishing e la promozione a direttore editoriale è dietro l’angolo. Purtroppo, non ha fatto i conti con quella che è destinata a diventare la sua spina nel fianco: Victoria Wender. Anche lei è un’ottima editor e le case editrici di tutto il Paese hanno fatto a gara per averla: non solo ha scommesso sul romance, ma ha trasformato la sua autrice di punta, Miranda Stoller, nella regina delle vendite. Victoria è appena atterrata a New York dal Texas ed è pronta a rivoluzionare il catalogo della Pageturner per consolidarne il traballante bilancio. Ma… non con l’aiuto di Knight! Lui non ci sta ad arrivare secondo, detesta il romance, ed è deciso a riprendersi il posto che gli spetta in ogni modo, lecito o meno. Victoria non è una che si ferma al primo ostacolo, è del tutto immune al suo fascino ed è pronta a fargli sudare tutte le sue costose camicie. Tra sabotaggi e schermaglie, però, Knight e Victoria vengono a conoscenza di un segreto che potrebbe mettere a rischio le loro carriere. E da rivali giurati potrebbero doversi alleare per salvare la casa editrice. Non è impossibile, dovranno solo sopportarsi per un po’… o no?


Chi è Felicia Kingsley?

emiliana DOC nata nel 1987, vive in provincia di Modena e lavora come architetto. Matrimonio di convenienza, il suo primo romanzo inizialmente autopubblicato, ha riscosso grande successo in libreria con la casa editrice Newton Compton ed è diventato il secondo ebook più letto del 2017. Stronze si nasceUna Cenerentola a Manhattan e Due cuori in affitto sono stati nella classifica dei bestseller per settimane. Con Newton Compton ha pubblicato anche La verità è che non ti odio abbastanza, Appuntamento in terrazzo, Il mio regalo inaspettato, Bugiarde si diventa, Prima regola: non innamorarsi e Non è un paese per single.
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Ribellarsi con filosofia – Barbasophia – RECENSIONE

a cura della prof.ssa Emanuela Serra (@chiamamichimico)

La filosofia e la scienza sono viste come due modi completamente diversi di ragionare. Cominciamo a cercare delle certezze. La ragione è alla base.
Senza la mia professoressa di filosofia e il mio professore di scienze del liceo avrei preso molte più cantonate nella vita, fortunatamente mi hanno insegnato a ragionare e qualche spigolo l’ho evitato.

Condivido con voi alcuni spunti del libro, perché finite le vacanze si riprende a vivere velocemente, a fare cose “economicamente produttive” e quello che ci circonda diventa un’immagine sfocata che non rimane in memoria.

Questo ci porta a non pensare, perché siamo concentrati su cosa fare dopo. Chi ci spinge in questa condizione ci toglie il tempo di riflettere e rimaniamo intrappolati nelle “logiche utilitaristiche che governano la nostra società” (come dice Barbasophia) o semplicemente cadiamo nella trappola di chi ci sta vicino e vuole manipolare la nostra vita (come dico io).

“Vivere filosoficamente è un gioioso e sfrontato atto di ribellione” dice Barbasophia. Mi spiace che la filosofia la si insegni solo al liceo, come se tutti gli altri studenti non siano in grado di capirla. A scuola, meno informazioni inutili e più ragionamento, gioverebbe alla qualità della vita di molti.
Troppi studenti sono destabilizzati se non si dice loro esattamente quali pagine del libro devono studiare, troppo studenti sono impegnati a macinare capitoli in poco tempo senza verificare se li hanno digeriti. Ci riprovo con altri minipensieri solleticati dal libro.

Descrizione: Questo è un libro di filosofia, ma anche un’arma contro il pensiero normalizzato e uno strumento per coltivare l’indipendenza di giudizio, sempre più indispensabile in un mondo dominato dall’omologazione di massa. Matteo Saudino ci presenta dieci filosofi per dieci atti di ribellione, raccontati tra realtà e finzione: un viaggio controcorrente, da Anassimandro a Marx, passando per Epicuro, Ipazia, Pascal, Spinoza, Olympe de Gouges e Kant, per guardare sotto la superficie e imparare a scegliere la strada che fa per noi, diventando finalmente artefici del nostro destino. PERCHÉ KANT NON ERA UN CONIGLIO, E POSSIAMO TUTTI IMPARARE A ESSERE LIBERI.

Kant è utile per riparare la ruota di una bicicletta? Studiare Anassimandro aiuta a postare una foto su Instagram? Conoscere Ipazia contribuisce a compilare un curriculum vitae? Insomma, a cosa serve la filosofia? La risposta è: a cambiare la vita. Perché fare filosofia non è solo un atto di ribellione contro l’utilitarismo della nostra società, ma anche uno strumento per costruire un pensiero autonomo che può condurci a realizzare molto di più. In compagnia di Kant, che ha sfidato il re di Prussia Federico Guglielmo per difendere un’idea, di Anassimandro, coraggioso evoluzionista ante-litteram, della geniale Ipazia, astronoma e matematica, esempio di emancipazione femminile e disobbedienza civile, e di molti altri filosofi, Matteo Saudino – in arte BarbaSophia – ci mostra come il coraggio delle idee possa impattare sulla nostra esistenza, insegnandoci a guardare alla filosofia con occhi nuovi e alla vita con gli occhiali della filosofia. Attraverso la biografia e il pensiero di dieci filosofi e filosofe l’autore ci guida alla scoperta del pensiero critico, strumento fondamentale per cambiare noi stessi e il mondo, al fine di renderlo un luogo più bello e giusto.

Barbasophia aka Matteo Saudino

Si è laureato all’Università degli studi di Torino, con cui collabora nella formazione degli insegnanti, ed è da vent’anni professore di Filosofia e Storia presso i licei torinesi. Ideatore e autore di BarbaSophia, il canale Youtube di lezioni di Filosofia e Storia più grande d’Italia, ha scritto per Paravia numerosi manuali scolastici. Ha pubblicato la raccolta poetica Fragili mutanti (Eris edizioni, 2012), il libro Il Prof Fannullone, a quattro mani con Chiara Foà, (2017) e La filosofia non è una barba (Vallardi, 2020). Partecipa regolarmente in veste di relatore a numerosi festival e convegni di Filosofia ed è formatore per enti pubblici e privati su temi quali diritti umani e cittadinanza attiva.

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Un raggio di buio, Ethan Hawke – RECENSIONE

L’ultimo romanzo di Ethan Hawke, A Bright Ray of Darkness – Un raggio di buio (SUR, 2022) parla della complessità di una persona che fa i conti con se stesso, in tutte quelle parti che sono spesso contraddittorie e, se vogliamo, anche antipatiche.
I precedenti lavori autorali erano meno personali forse, di certo io li avevo apprezzati moltissimo. Questo però è diverso, più difficile.
Il narratore e protagonista è un attore, padre, marito, fedifrago e aspirante vero artista. L’alter ego di Hawke si chiama William Harding e non cerca solo di lavorare come attore, ma di creare opere che siano artisticamente significative.

Solo perché soffri, non vuol dire che si sia qualcosa che non va.

Incontriamo William a Broadway alle prese con una produzione teatrale shakespeariana, l’importante e ambizioso Enrico IV (lui interpreta Hotspur), di un acclamato regista e che può contare su un cast eccezionale. La star di Hollywood deve mettersi alla prova come attore di teatro: può reggere il confronto in una compagnia teatrale di livello? Può rendere giustizia al Bardo e può irretire le orecchie e gli occhi di Broadway? 


Preferiremmo andare in rovina piuttosto che mutare
Morire piuttosto nella nostra paura
Che salire sulla croce di ogni giorno
E lasciar morire le nostre illusioni.
(W.H. Auden, L’età dell’ansia)


Lotta per lasciarsi alle spalle una vita di pettegolezzi scandalistici, paparazzate e glamour hollywoodiano, per dimostrarsi un attore degno e serio.

Guardalo l’amore che muore: quello sì che è una pallottola che sfonda i carri armati. Quando i bambini da portare a scuola, le lavatrici da stendere e i piatti da lavare piovono sulle braci del tuo matrimonio come una pisciata su un falò all’alba. E l’unica cosa che ti resta è tanto di quel fumo che ti pare di soffocare. A quel punto il cuore ti smette di battere. E se ti succede a trentadue anni, mi spiace per te.


Purtroppo viene ributtato incessantemente di fronte al suo passato a causa dei problemi irrisolti con la sua amata, e ormai quasi ex, moglie famosa che però ha tradito. La paternità è l’unica cosa stabile nella sua vita, anche l’unica che sembra venirgli bene spontaneamente. 

Ovviamente risulta un romanzo autobiografico. È difficile non solo dimenticare che l’autore è un pluri-candidato all’Oscar e un artista straordinario sul palco, sullo schermo e in televisione. È anche difficile non pensare al passato similare dell’attore-autore. 
Bisogna operare uno sforzo e cancellare queste nozioni, per arrivare al netto del libro. Un romanzo su un uomo, un attore, alle prese con le difficoltà della vita.

Il tempo, da solo, non guarisce proprio niente. Il tempo può far dimenticare: ma non raddrizza le cose semplicemente passando. Bisogna tornare alla fonte e riparare quello che si è rotto.

William non risulta piacevole: è difficile simpatizzare con lui perché sembra sbagliare in continuazione e va a cacciarsi in situazioni pericolose, misogine, sicuramente malsane e certamente ammantate di vanità. Ma un personaggio non deve essere simpatico, e nemmeno per forza un eroe senza macchia per attirare i lettori. 

Per la mia testardaggine e la mia stupida presunzione, mi puoi perdonare?


Inutile dire che leggendo continuavo a sperare che William potesse cambiare drasticamente. Smettere di fumare, bere e cercare la condiscendenza…per cominciare.
Ma no: è un po’ ipocrita, un po’ imbroglione e anche un essere umano consapevole dei propri errori ma che forse tenta troppo poco per cambiare se stesso. 
È solo sul palco che sembra sentirsi vivo e vibrante. Questa è una triste verità per un attore: è più a suo agio nell’essere qualcun altro che non se stesso. Certamente cerca e ottiene consigli non richiesti da una sfilza di persone. A volte, si droga o beve alcol come se fosse acqua. O regala un cucciolo ai figli…
William Harding è sempre in attesa di qualcosa. 
Il romanzo ci ricorda di smettere di aspettare e di iniziare a fare. 

Non ti far ingannare, non c’è niente di più emozionante di ciò che è. Il prossimo istante non sarà più speciale di questo che stiamo vivendo. Proprio questo qui. Tutti i momenti della nostra vita sono indistruttibili. Capisci? “Essere o non essere” non vuol dire ammazzarsi o meno, significa porsi la domanda: Hai intenzione di essere sveglio e presente rispetto alla tua vita? Lo capisci che l’oggi non è un ponte verso un altro posto?

Scommetto che molti lettori prenderanno Un raggio di buio e penseranno: “oh, proprio quello di cui abbiamo bisogno: un altro attore riccone bianco e privilegiato che si lamenta delle carenze del suo mondo”. Anche a me è successo in alcune parti, lo ammetto.
Ma poi ho anche pensato che solo perché la posizione di qualcuno è elitaria, diversa o privilegiata non significa automaticamente che possiamo etichettarla come irrilevante. E poi Hawke ci racconta i retroscena di una produzione teatrale e raggiunge momenti di amore per la drammaturgia che sono evidenti pezzi di verità.

Se provi e riprovi il discorso di Amleto di fronte agli attori, se lo provi mille volte, quando arriva il momento quel discorso lo reciti bene. Se non lo provi abbastanza, no. La sorte è quello che resta dopo la pianificazione

Tutti vorremmo che le nostre vite rappresentassero qualcosa di profondo e vero ma, dentro nel profondo, siamo tutti un grande casino. 
Siamo tutti delusi e deludenti, un raggio di buio. Va bene…purché lo sappiamo e possiamo andare oltre. 
E anche questo romanzo, scritto in maniera davvero egregia, ci aiuta ad andare oltre.

Vivi e ama la tua miseria


E ditemi se è poco.



Quarta di copertina: William è un giovane attore di talento che ha raggiunto il successo a Hollywood e ha davanti una nuova sfida: debuttare a Broadway nell’Enrico IV di Shakespeare. Ma alla vigilia dell’inizio delle prove una sua scappatella finisce su tutti i giornali e i siti di gossip: William dovrà gestire una seria crisi familiare insieme alle dinamiche di gruppo all’interno della compagnia teatrale, in vista di una delle performance più importanti della sua carriera. Un romanzo autobiografico e corale che racconta la tensione fra vita privata e immagine pubblica, e alla possibile disumanità della fama e del successo contrappone la potenza della creazione artistica.


Chi è Ethan Hawke?

Ethan Hawke nasce ad Austin, in Texas, il 6 novembre del 1970. I suoi genitori, James Steven e Leslie Carole, decidono di trasferirsi in New Jersey poco tempo dopo e in breve arrivano alla separazione. La madre parte per la Romania, dove è tuttora impegnata in attività di volontariato e sostegno alla popolazione locale. Ethan, invece, rimane negli USA, col padre e il fratello, e già al liceo sceglie di studiare recitazione presso il McCarter Theater di Princeton, prima, e poi in Inghilterra e a Pittsburgh. Attore, sceneggiatore, scrittore e regista statunitense, Ethan Hawke inizia a recitare da adolescente, percorrendo una carriera che l’ha portato a divenire, negli anni ’90, una star a tutti gli effetti. Tra personaggi complessi e delicati, la sua formazione teatrale è stata valida alleata per mettere in risalto tutte le sue capacità, fino al raggiungimento del ‘prestigio’ e del rispetto di cui gode oggi, da parte di tutto il panorama Hollywoodiano.

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La verità sul caso Harry Quebert,  Joël Dicker – RECENSIONE

«Vorrei insegnarti la scrittura, Marcus, non perché tu possa imparare a scrivere, ma affinché tu possa diventare uno scrittore. Scrivere romanzi non è una cosa da niente: tutti sanno scrivere, ma non tutti sono scrittori.»
«E come si fa a sapere di essere uno scrittore, Harry?»
«Nessuno sa di essere uno scrittore, Marcus. Glielo dicono gli altri»

Non ho mai letto niente di quest’autore e la santa biblioteca è riuscita a farmi avere il libro in questione in tempi brevi. Sinceramente è stata un’attesa lunga (anche se è durata solo un giorno, alla fin fine) perché ero in fermento: volevo leggere al più presto il romanzo. Anche in vista del Salone del libro di Torino dove sarà presente Dicker…

Avete presente quel prurito alle mani che vi assale quando desiderate di avere quel determinato libro a tutti i costi nelle vostre grinfie? Ecco, immaginate il mio disagio.
Ho raccolto informazioni sul romanzo ‘La verità sul caso Harry Quebert‘, edito da Bompiani, in occasione dell’uscita, a fine maggio, del sequel.
Dopo averne parlato qui alla fine della fiera ero curiosa come un gatto.
Non potevo non leggerlo. Le 776 pagine non mi spaventavano e la fama di questo romanzo lo precedeva.
Piccolo riassunto: il secondo romanzo di Dicker (il primo è Gli ultimi giorni dei nostri padri) riscuote un grande successo, tradotto in 33 paesi ed in poco tempo scala le classifiche di vendita, posizionandosi al primo posto per parecchie settimane. Pare ci siano dei riferimenti a Philip Roth, Vladimir Nabokov e alla serie tv ‘I segreti di Twins Peaks’
Viene fuori anche una serie tv e dopo dieci anni dalla pubblicazione esce il seguito del fortunato romanzo. Pazzesco, non trovate?
Inutile dire che le aspettative crescono e anche di tanto.
All’inizio le aspettative erano talmente alte che credevo che mi avrebbe inevitabilmente delusa.
Avevo sentito parecchi pareri discordanti ed ero confusa: ha vinto premi ed è stata adattata una miniserie televisiva… non poteva essere così scontato.
Insomma, è decisamente nell’olimpo dedicato ai bestseller di qualità!
Ho iniziato a leggere e subito la storia mi ha preso, trascinandomi nella torbida Aurora, tranquilla cittadina completamente scossa dall’arrivo di un grande scrittore appena trentaquattrenne che scrive il romanzo più importante di tutta la sua vita seduto al tavolo numero 17 di una tavola calda, il Clark’s Diner, nell’estate del 1975. Conosce Nola Kellergan, quindicenne dai lunghi boccoli dorati e dagli occhi verdi, che gli farà capire cosa significa amare e lo aiuterà a concludere il suo romanzo.

Ora, tutto quello che di positivo dicono del romanzo, per quanto mi riguarda, è pura verità: la lettura è famelica, quasi ossessiva oserei dire. Non si riesce a mettere giù il libro fino a quando non si arriva alla fine della storia. E direi che l’intento di Dicker è riuscito, alla grande.
Il ritmo del romanzo è incalzante, la scrittura scorrevole si fa leggere che è una meraviglia. Il romanzo è numerato al contrario: si parte dal capitolo 31 fino ad arrivare al capitolo 1, come se fosse un conto alla rovescia.
Ogni capitolo ha una piccola guida di consigli al suo interno su come scrivere un romanzo di successo. In questo particolare caso è Harry Quebert, insegnante di Marcus a guidarlo attraverso questi trentuno consigli in un botta e risposta illuminante.
Le settecentosettantasei pagine, di cui ammetto le prime duecento sono un po’ da superare per poter far ingranare la lettura, ti tengono con il fiato sospeso fino a che non si scopre chi è davvero l’assassino. Vi assicuro che di ipotesi ne ho fatte parecchie, ma alla fine non sono arrivata ad indovinare.
Un romanzo accattivante, scritto in modo impeccabile e per nulla scontato: l’intreccio delle storie dei personaggi è intricato ed affascinate e non si perde il filo del discorso, come può capitare quando il romanzo ha molti protagonisti.
La madre del protagonista Marcus Goldman meriterebbe davvero un premio ‘come miglior personaggio secondario‘ perché è davvero esilarante e con i suoi dialoghi stempera un po’ quell’atmosfera da thriller poliziesco.
Io sono nella categoria di chi ha divorato il romanzo perché mi è piaciuto davvero tanto e sono un po’ preoccupata ora del seguito. Sarà all’altezza del primo o no?
Dovrò leggerlo (spero divorarlo) per scoprirlo!

recensione a cura di Rossella Zampieri

Chi è Joël Dicker?

Joël Dicker è nato a Ginevra nel 1985. La verità sul caso Harry Quebert è il suo secondo romanzo. Il primo, Gli ultimi giorni dei nostri padri (Bompiani, 2015), ha ricevuto il Prix des écrivains genevois nel 2010. La verità sul caso Harry Quebert ha ottenuto il Grand Prix du roman de l’Académie Française 2012 e il Prix Goncourt des lycéens 2012.

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La formula dell’attrazione, Paola Chiozza – recensione

Inseguiamo le stelle perché questo mondo non ci basta.

Il pianeta Terra per Rebecca Pennington e Chase Reeve Goldsmith non è abbastanza. Entrambi geni, ambiziosi con ogni cellula dei loro corpi sono pronti a tutto per inseguire i loro sogni.
Immaginate di essere al liceo, giovani e brillanti, vi rendete conto di amare il vostro peggior nemico, il tempo passa e le strade si dividono fino a che il fato vi fa incontrare di nuovo dopo 16 anni: è evidente che niente sarà come prima.
Avete immaginato?
Molto bene, ora se siete fan del genere romance non potete assolutamente perdere l’ultimo romanzo di Paola Chiozza, scrittrice apprezzata tantissimo per i suoi romanzi rosa e chick-lit.
Assicuro che vi farà brillare gli occhi e vi convincerà anche a (ri)vedere 2001: Odissea nello Spazio, il capolavoro cinematografico di Stanley Kubrick del 1968.
Non avevo mai letto niente di questa autrice e sono davvero, davvero contenta di averlo fatto perché il libro è spaziale, per rimanere in tema con la trama.
Un enemies to lovers (purtroppo è difficile uscirne una volta entrati in questo circolo vizioso) e office love un po’ diverso dal solito. All’interno della storia di Chase e Rebecca troviamo gli astri e lo spazio, quasi dei co-protagonisti: un argomento non molto usato per scrivere dei romanzi d’amore e devo dire che il risultato finale è buono.
Spassoso e frizzante, scorre velocemente fino al tanto agognato happy ending per i due nemici che scoprono alla fine di amarsi (o si amano già dai tempi del liceo?).
L’editing è ottimo calcolando il self-publishing e si vede tutto il duro lavoro svolto per rendere il romanzo il più verosimile possibile.
Inoltre, vorrei tanto che esistessero tutte le magliette che il protagonista Chase indossa, e per fortuna ogni tanto toglie anche per la gioia delle lettrici e di Rebecca!
Se avete voglia di leggere qualcosa di leggero e volete passare qualche ora in compagnia di personaggi divertenti fatevi un regalo (ogni tanto ci sta!) e acquistate l’ultimo romanzo di Paola Chiozza.
Su Spotify è possibile ascoltare la playlist de ‘La formula dell’attrazione‘, inutile dire è che sul mio account sta andando in loop da quando ho concluso il romanzo ed è finita nelle mie preferite.



Quarta di copertina:
Venere in acquario? Luna nella terza casa? Rebecca Pennington non crede nelle stelle, ma ci lavora. È ingegnere aerospaziale, risolve il Cubo di Rubik in sette secondi e nella vita ha una sola certezza matematica: odierà in eterno Chase Reeve Goldsmith.
Poco importa che lui sia l’uomo più sexy, ricco e intelligente che abbia mai conosciuto, sarà sempre il suo peggior nemico.
E non solo: Rebecca si prenderà la sua rivincita, perché l’azienda in cui lavora sta per ottenere un contratto storico con la NASA, battendo il progetto di Chase.
Tutto bellissimo. Peccato che l’accordo vada in fumo all’ultimo minuto.
Per Chase Reeve Goldsmith il cielo non è un limite, ma il punto da cui guardare la Terra. A soli trentaquattro anni è arrivato in alto, in tutti i modi possibili.
È il CEO dell’agenzia aerospaziale che si è appena aggiudicata il contratto con la NASA, è miliardario, è un genio irresistibile e – Dio, questo è meraviglioso – ha appena soffiato la vittoria da sotto il naso della sua peggior nemica: Rebecca Pennington.
Sarà lui a spedire un razzo su Marte, non la ragazza che al liceo gli ha portato via tutto.
Chase è convinto che sia finita così, ma non ha fatto i conti con Rebecca che, con un piano ben architettato, decide di farsi assumere dalla sua agenzia per riprendersi ciò che lui le ha rubato.
Lavorare insieme non sarà facile… sarà un massacro!
Chase è abituato a dare ordini e avere persone che li eseguono senza fiatare, peccato che Rebecca non si faccia comandare da nessuno.
Lei ha intenzione di essere la sua spina nel fianco, lui di renderle la vita un inferno.
Quando l’attrazione non è più solo una formula fisica, ma passione incontrollata… sarà amore o sarà una guerra stellare?


Chi è Paola Chiozza?

Quarta di copertina:
Paola Chiozza è una scrittrice di romanzi di narrativa femminile. È nata nel 1990. Da sempre amante della lettura, scrive il suo primo romanzo a soli diciassette anni. Nel 2013 si iscrive alla writing community Wattpad e inizia a condividere le proprie opere sul web. Nel corso degli anni ha vinto diversi concorsi letterari. È stata ospite al Salone Internazionale del Libro di Torino e ha collaborato con RAI Radio 2 per la trasmissione “Ovunque6”. Il suo romanzo d’esordio “Punizione divina” ha venduto oltre 25.000 copie.

Le sue attuali pubblicazioni sono: Punizione divina, Conflitto di interessi, Bad Obsession #1, Bad Reputation #2 , Nessuno mi può giudicare, Patto con il Diavolo