Un dark fantasy che ti porta in un’atmosfera cupa in un triangolo amoroso che non ‘triangola’.
Non esiste luogo come Ravenhollow. Avvolta in un sudario di nebbie spettrali, lacerata dalla peste nera e sottomessa al volere di vampiri assetati di potere, è una città dove ogni ombra ha un sussurro, un occhio che osserva, un artiglio pronto a colpire. Una terra condannata, in cui il confine tra vita e morte è sottile come un respiro.
Dopo lunghi anni trascorsi lontano, Cassandra Vanthir è richiamata a forza nel suo luogo d’origine. Una missiva criptica la costringe a tornare nella città da cui è scappata tempo fa. Lei però non sa che nelle sue vene scorre un’eredità oscura, legata a un Patto primordiale e a una profezia che ora la richiama come una ninna nanna oscura.
Le ombre si destano. L’Inquisizione è riemersa, guidata dall’inflessibile Alto Inquisitore Roark, e la sua caccia non si limita solo ai peccatori.
Tra i bagliori sinistri dei roghi purificatori, le sanguinose guerre tra clan di vampiri, i subdoli tradimenti e le verità rimaste sepolte troppo a lungo, Cassandra sarà costretta a confrontarsi con la propria vera natura. Ad accompagnarla in questo tormentato viaggio ci sono Draven Corvus l’enigmatico vampiro dagli occhi d’ambra capace di stregare e Rowan Faulkner il primo indimenticabile amore che è disposto a tutto per salvarla.
Ho concluso recentemente ‘La figlia del sangue’ di Liza S. e, devo essere onesta, non è riuscito a catturarmi completamente. L’idea di partenza, un mistero che si snoda tra antiche leggende, mi aveva incuriosito molto.
Tuttavia, durante la lettura, ho trovato il ritmo un po’ confuso in alcuni passaggi, che ha reso difficile capire alcune parti del romanzo. Non sono riuscita a entrare in piena sintonia con i personaggi principali, soprattutto con la protagonista che nella sua schiettezza mi ha fatto venire voglia di averla davanti, prenderla per le spalle e scuoterla.
Le loro intenzioni e motivazioni, a volte, mi sono sembrate poco chiare e non ho sentito la connessione che mi aspettavo dopo aver letto la trama.
In alcuni passaggi, ho percepito una distanza tra me e la storia, che non mi ha permesso di immergermi completamente.
Nonostante ciò, l’ambientazione era descritta con grande cura, e ho apprezzato la ricchezza dei dettagli su alcuni capitoli, soprattutto quelli riguardanti il popolo che mi ha lasciato un senso di angoscia che mi ha fatta entrare più in sintonia con la storia.
Il finale, che ho percepito come aperto, pur non salvando l’intera lettura per me, mi ha stupita.
In definitiva, pur riconoscendo l’impegno dell’autrice, per me, non è stata una lettura che ho apprezzato fino in fondo, ma invito chi fosse incuriosito/a a formarsi una propria opinione.
L’autrice.

Liza S. scrive da sempre o almeno da quando ha imparato a tenere in mano una penna, perché le parole sono il suo rifugio segreto.
Vive con un piede nella realtà e l’altro in un altrove immaginario dove la nebbia è perenne, le profezie abbondano e le candele si accendono anche ad agosto.
Ama i personaggi imperfetti, le atmosfere un po’ cupe e, soprattutto, gli animali che considera coautori silenziosi (e molto esigenti).
Quando non scrive, fa la mamma e sogna nuovi intrecci tra una merenda e un “Mamma, giochiamo?”.
Crede nelle storie che non devono piacere a tutti, solo a chi le riconosce come casa. E nelle ombre, che almeno non fingono di essere qualcos’altro.
Ringraziamo l’autrice per averci dato la possibilità di leggere il suo romanzo in cambio di una nostra onesta opinione.









