Perdere qualcuno che si ama è, senza alcun dubbio, la cosa più dolorosa che si possa vivere. Il lutto, il dolore, la sensazione di perdita profonda e assoluta, la mancanza, talvolta la rabbia dietro le lacrime, l’ingiustizia di rimanere quando l’altro invece no. Il fisico distacco viene sempre seguito dal malessere mentale che sì, si attenua con il tempo, ma no, non sparisce, non lo fa mai. Rimane sempre lì in agguato, pronto a comparire quando un pensiero si intrufola nella vita di tutti i giorni, un profumo, un ricordo, un oggetto ed ecco che arriva la riapertura della ferita, perché l’anima stessa è segnata da quella mancanza. La malinconia appena sotto la superficie.
Per i lettori è impossibile non cercare conforto nelle pagine di un libro, lo abbiamo dentro di noi, è il nostro sistema di funzionamento, le risposte le cerchiamo lì, la fuga la cerchiamo lì.
La vicinanza che a volte non troviamo nelle persone intorno a noi, la consolazione che tanto vorremmo, la ricerchiamo dentro un libro.Sembra proprio che le parole scritte ci arrivino dritte al cuore, come un abbraccio, una carezza, un bacio. E forse è così, che in parte, noialtri lettori, ci curiamo.
Non ho alcuna intenzione di consigliare libri di self help, sono tanti, tantissimi e non ho competenze per dire se siano più o meno validi. Ci sono centinaia di libri di psicologi, neuroscienziati, dottori e luminari e chi più ne ha. Indubbiamente tra questi ci saranno grandi opere e validi aiuti e se avete dei consigli sono pronta ad accoglierli. Ma per il momento eccomi a cercare tra romanzi, memoir sulla morte, sulla ricerca del potere lenitivo nelle opere letterarie. A cercare dentro di me, dove qualcosa aveva toccato le corde giuste.
La mia idea è provare a fare una breve carrellata di opere che hanno funzionato per me e che, forse, potrebbero farlo anche con voi. Me lo auguro.
1. L’Anno del Pensiero Magico di Joan Didion
È il memoir essenziale sul lutto. Didion racconta l’anno successivo alla morte improvvisa del marito, analizzando con lucidità e onestà il dolore, la confusione e l’illusione di un pensiero “magico” che cerca di negare la realtà.

Siamo esseri umani imperfetti, consapevoli della mortalità anche quando la respingiamo, traditi proprio dalla nostra complessità, e così schizzati che quando piangiamo chi abbiamo perduto piangiamo anche, nel bene e nel male, noi stessi. Come eravamo, come non siamo più. Come un giorno non saremo affatto.
2. Norwegian Wood di Haruki Murakami (1987)
Questo romanzo tratta la gestione di un lutto in età giovanile, la depressione che può cogliere e la difficoltà di amare di nuovo dopo aver perso la persona amata.
È un romanzo di formazione malinconico ma anche pieno di bellezza e musica. Murakami prima che diventasse Murakami.

A volte ho l’impressione di essere diventato il custode di un museo. Un museo vuoto, senza visitatori, a cui faccio la guardia solo per me.
3. Un Giorno di David Nicholls (2009)
Il romanzo segue la vita di due amici, Emma e Dexter, per vent’anni, incontrandoli nello stesso giorno di ogni anno. Quando la tragedia colpisce, il libro si concentra intensamente sul lutto improvviso, sull’incapacità di accettare l’assenza e sulla potenza dei ricordi nel plasmare la vita successiva.

Vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo», di solito il consiglio era questo, ma chi aveva l’energia sufficiente per farlo? E se pioveva o eri di cattivo umore? Era poco pratico, tutto qui. Molto meglio cercare di essere buoni e coraggiosi e audaci e cambiare le cose in meglio. Non proprio cambiare il mondo, ma il pezzettino di mondo intorno a te. Esci allo scoperto con la tua passione e la tua macchina da scrivere e impegnati al massimo per… qualcosa. Magari cambia la vita degli altri con l’arte. Coltiva le amicizie, non tradire i tuoi principi, vivi intensamente, appassionatamente. Apriti alle novità. Ama e fatti amare, se ti capita la fortuna.
4. La Strada di Cormac McCarthy (2006)
Ambientato in un mondo post-apocalittico, il libro è una meditazione sulla perdita e l’amore paterno. Il padre e il figlio combattono non solo per la sopravvivenza fisica, ma per mantenere viva l’umanità e il ricordo di una vita perduta. Un racconto di dolore estremo e legame indissolubile.

Ricordati che le cose che ti entrano in testa poi ci restano per sempre, gli disse. Forse dovresti rifletterci.
Però certe cose uno se le dimentica, no?
Sì. Ci dimentichiamo le cose che vorremmo ricordare e ricordiamo quelle che vorremmo dimenticare.
5. La Storia Infinita di Michael Ende (1979)
Un classico della letteratura per ragazzi che è in realtà una profonda allegoria sul lutto materno. Il protagonista, Bastian, si rifugia nella lettura per sfuggire al dolore per la morte della madre. La sua avventura nel mondo di Fantàsia è il percorso per accettare la perdita e ritrovare il coraggio di amare la realtà.

[…] ma questa è un’altra storia e si dovrà raccontare un’altra volta.
Qui si sale al podio più alto che si possa immaginare. Impossibile non amare questo splendore.
La storia di Lyra comincia qui e prosegue in altri tre piccoli splendori creando la saga definita ‘Queste oscure materie’.


Il giardino segreto è un romanzo per ragazzi scritto nel 1911 dalla scrittrice anglo-americana Frances Hodgson Burnett, autrice anche de Il piccolo Lord e La piccola principessa. Anche qui tra breve la nuova trasposizione filmica sarà al cinema. Forse un po’ meno conosciuto dei precedenti titoli proposti ma sicuramente un classico senza tempo.
Una grande storia, una magnifica metafora del rapporto fra natura e creature viventi, un capolavoro capace di poesia e ferocia che parla al cuore dei lettori di ogni età. Rapito e condotto tra i ghiacci del Klondike, all’epoca della febbre dell’oro, Buck viene picchiato e costretto a divenire un cane da traino, sperimentando i molteplici volti dell’animo umano, meschinità e grandezza, cupidigia e altruismo, aggressività e affetto. Nelle molteplici esperienze apprende la fatica e l’orgoglio dei cani da slitta e si trova più volte costretto a lottare per sopravvivere, finché la lezione del bastone e della zanna fa riaffiorare in lui l’ancestrale istinto selvaggio. Sfruttato duramente dai suoi ultimi padroni, Buck viene salvato da John Thornton, con il quale ritrova l’amore per l’uomo. Ma il richiamo della foresta e della natura si fa dentro di lui sempre più irresistibile…

Ende intentò addirittura una causa che però perse, il film intanto diventò un successo e chi è stato bambino in quel periodo, senza alcun dubbio, amò alla follia quella pellicola e pianse a dirotto per la scena di Artax, il cavallo di Atreiu.