Nel leggere della morte di Stefano Benni. oggi 9 settembre 2025, ho provato una tristezza vera e profonda come se fosse mancato un conoscente.
Questo perché per la generazione cresciuta negli anni ’90, la mia, Stefano Benni è stato molto più di un semplice scrittore: è stato un vero e proprio punto di riferimento culturale. In un’epoca di transizione, segnata dalla fine delle grandi ideologie e dall’ascesa della cultura televisiva commerciale, la sua voce rappresentava un’alternativa critica e intelligente. I suoi libri, passati di mano in mano tra i banchi di scuola e le aule universitarie, offrivano una chiave di lettura ironica e dissacrante della realtà. Benni ha dato voce a un sentimento di inadeguatezza e di ribellione verso un mondo adulto percepito come conformista e superficiale. Un mondo adulto, all’apparenza di “rimbambiti”, che sembrava avere solo la capacità di acquistare nuove cose inutili, un mondo adulto sempre più globalizzato ed estraniante. Leggerlo significava trovare un complice, qualcuno che usava la risata come forma di resistenza e la fantasia come strumento per immaginare un mondo diverso.
Così mi sono precipitata a scrivere, mi è venuto in mente che molti potevano non conoscere affatto questo autore e ho pensato immediatamente di redigere un piccolo articolo, non il classico tributo post-mortem, più una celebrazione ma anche un’introduzione a uno degli autori più originali e amati della letteratura italiana contemporanea, un maestro dell’umorismo surreale e della critica sociale. Leggere Benni è, prima di tutto, spassosissimo e se non lo avete ancora fatto avete una fortuna enorme, una miniera di opere incredibili da cui trarre godimento.
Stefano Benni (Bologna, 12 agosto 1947 – Bologna, 9 settembre 2025) è stato uno scrittore, giornalista, poeta e drammaturgo che ha lasciato un’impronta indelebile nel panorama culturale italiano. Con la sua scrittura funambolica, capace di oscillare tra il comico e il tragico, il fantastico e il reale, Benni ha saputo conquistare intere generazioni di lettori, la mia ma non solo, diventando una delle voci più riconoscibili e amate della nostra letteratura contemporanea. La sua opera è un universo pieno zeppo di personaggi strampalati, situazioni paradossali e invenzioni linguistiche fulminanti, dietro la risata e lo sberleffo si cela però sempre uno sguardo acuto e critico sulla società italiana, sulle sue storture, i suoi vizi e le sue contraddizioni.
Ed è qui che Benni mostra il vero genio. Nelle sue opere si legge uno stile inconfondibile: un cocktail di satira e poesia come in un laboratorio linguistico in perenne fermento. La sua prosa è un impasto unico e originalissimo, la cui forza risiede innanzitutto nella satira sociale.
Benni ha sempre utilizzato l’arma dell’ironia e del grottesco per mettere a nudo le assurdità del potere, il consumismo sfrenato, la banalità televisiva e le ingiustizie.
A questo si aggiunge il suo talento nell’inventare neologismi e giochi di parole, una delle sue cifre stilistiche più celebri che spiazza e diverte il lettore. L’universo narrativo di Benni è inoltre intriso di surreale e fantastico: nei suoi romanzi e racconti, la realtà quotidiana si deforma, popolandosi di creature bizzarre ed eventi inspiegabili che fungono da specchio deformato del nostro mondo. Infine, anche nella prosa più scatenata, non rinuncia mai a momenti di autentica poesia, a improvvisi squarci di lirismo che illuminano la narrazione e toccano le corde più profonde dell’animo.
La produzione letteraria di Benni è vasta e poliedrica. Il suo viaggio nella narrativa inizia con il folgorante esordio di Bar Sport (1976), una galleria di ritratti esilaranti e surreali che hanno come epicentro un tipico bar di provincia italiano. La sua vena creativa prosegue con romanzi indimenticabili come Terra! (1983), una fantascienza picaresca e apocalittica, e l’amatissimo La compagnia dei Celestini (1992), una favola moderna sulla fuga di un gruppo di orfani. Ha esplorato il genere distopico con Elianto (1996) e ha criticato la società dei consumi attraverso gli occhi dell’adolescente Margherita Dolcevita (2005). Al termine dell’articolo troverete la bibliografia principale.
Accanto ai romanzi, un posto d’onore spetta alle raccolte di racconti. Oltre il già citato Bar Sport, tra tutte spicca Il bar sotto il mare (1987), una delle sue opere più celebri, in cui storie fantastiche si intrecciano in una notte magica. Altre raccolte significative sono L’ultima lacrima (1994), con le sue perle di umorismo e malinconia, e La grammatica di Dio (2007), che esplora i sentimenti umani con delicatezza e ironia. Benni è stato anche un apprezzato poeta, come dimostra la raccolta Blues in sedici (1998), e un prolifico autore teatrale, portando spesso in scena di persona i suoi testi carichi di verve comica e improvvisazione.
Stefano Benni non è stato solo un grande scrittore, ma anche un intellettuale libero e anticonformista, capace di leggere la realtà con uno sguardo critico e disincantato. La sua eredità è quella di una letteratura che non ha paura di divertire e di far pensare, di mescolare i generi e di sperimentare con la lingua. Un autore che mi ha insegnato a guardare il mondo con occhi diversi, a cogliere l’assurdo nel quotidiano e a non smettere mai di sognare.
Mancherai come pochi.
Romanzi
- Terra!, Milano, Feltrinelli, 1983.
- Stranalandia, disegni di Pirro Cuniberti, Milano, Feltrinelli, 1984.
- Comici spaventati guerrieri, Milano, Feltrinelli, 1986.
- Baol. Una tranquilla notte di regime, Milano, Feltrinelli, 1990
- La Compagnia dei Celestini, Milano, Feltrinelli, 1992.
- Elianto, Milano, Feltrinelli, 1996.
- Spiriti, Milano, Feltrinelli, 2000.
- Saltatempo, Milano, Feltrinelli, 2001.
- Achille piè veloce, Milano, Feltrinelli, 2003.
- Margherita Dolcevita, Milano, Feltrinelli, 2005.
- Pane e tempesta, Milano, Feltrinelli, 2009.
- La traccia dell’angelo, Palermo, Sellerio, 2011.
- Di tutte le ricchezze, Milano, Feltrinelli, 2012.
- La bottiglia magica, Rizzoli Lizard, 2016
- Prendiluna, Milano, Feltrinelli, 2017.
- Dancing Paradiso, Milano, Feltrinelli, 2019.
- Giura, Milano, Feltrinelli, 2020.
Raccolte di racconti
- Bar Sport, Milano, Mondadori, 1976; Feltrinelli, 1997.
- La tribù di Moro Seduto, Milano, Mondadori, 1977.
- Non siamo stato noi. Corsivi e racconti, Roma, Savelli, 1978.
- Il bar sotto il mare, Milano, Feltrinelli, 1987.
- L’ultima lacrima, Milano, Feltrinelli, 1994.
- Bar Sport Duemila, Milano, Feltrinelli, 1997.
- La grammatica di Dio. Storie di solitudine e allegria, Milano, Feltrinelli, 2007.
- Miss Galassia, illustrazioni di Luci Gutiérrez, Roma, Orecchio acerbo, 2008.
- Fen il fenomeno, Milano, Feltrinelli, 2011
- Le Beatrici, Milano, Feltrinelli, 2011.
- Pantera, Milano, Feltrinelli, 2014.
- Cari mostri, Milano, Feltrinelli, 2015.
Raccolte di poesie
- Prima o poi l’amore arriva, Milano, Feltrinelli, 1981.
- Ballate, Milano, Feltrinelli, 1991.
- Blues in sedici. Ballata della città dolente, Milano, Feltrinelli, 1998.
Raccolte di articoli
- Il Benni furioso, Roma, Il manifesto, 1979.
- Spettacoloso, Milano, Mondadori, 1981.
- Il ritorno del Benni furioso, Roma, Il manifesto, 1986.
- Dottor Niù. Corsivi diabolici per tragedie evitabili, Milano, Feltrinelli, 2001.



















Quarta di copertina: Se non vi è mai successo di nascondere in casa una ragazza in mutande appena fuggita da una retata in un bordello al quarto piano del vostro palazzo, non siete il tipo di persona a cui capitano queste cose. Vincenzo Malinconico lo è. Dovrebbe sapere che corre un rischio bello serio, visto che è avvocato, e invece la fa entrare e poi racconta pure un sacco di balle al carabiniere che la inseguiva e va a bussargli alla porta. È cosí che inizia I valori che contano (avrei preferito non scoprirli) , il romanzo in cui Malinconico – avvocato di gemito, piú che di grido – oltre a patrocinare la fuggiasca in mutande (che poi scopriremo essere figlia del sindaco, con una serie di complicazioni piuttosto vertiginose), dovrà affrontare la malattia che lo travolgerà all’improvviso, obbligandolo a familiarizzare con medici e terapie e scatenandogli un’iperproduzione di filosofeggiamenti gratuiti – addirittura sensati, direbbe chi va a cena con lui – sul valore della pena di vivere. Un vortice di pensieri da cui uscirà, al solito, semi-guarito, semi-vincente e semi-felice, ricomponendo intorno a sé quell’assetto ordinariamente precario che fa di lui, con tutti i suoi difetti e le sue inettitudini, una persona che sa farsi voler bene, pur essendo (o forse proprio perché è) un uomo cosí cosí. Eccolo di nuovo tra noi, l’avvocato d’insuccesso piú amato dagli italiani, in compagnia di un nuovo esilarante socio, di una nuova riluttante fidanzata, e dei suoi soliti pensieri inconcludenti. Ed eccolo alle prese con una nuova causa che sembra già pronto a perdere. C’è una ragazza in mutande sul suo pianerottolo, assomiglia a Pippi Calzelunghe senza trecce, trema, gli chiede aiuto. Ma è una bomba a scoppio ritardato. Vincenzo Malinconico prende in mano quella bomba senza pensarci e se la porta dietro fino alla fine, anche quando la malattia irrompe nella sua vita storcendone l’andatura. Perché ai personaggi capita quello che capita alle persone. E quando diventano di famiglia, di libro in libro li vediamo innamorarsi, nascondersi, combattere, ridere, ammalarsi: vivere, in una parola.
Quarta di copertina: Grazie a un piano raffinato e crudele, Faye si è lasciata alle spalle il tradimento e le umiliazioni inflitte dall’ormai ex marito Jack e sembra aver ripreso in mano le redini della propria esistenza: è una donna autonoma, si è rifatta una vita all’estero, Jack è in prigione e la società da lei fondata, la Revenge, va a gonfie vele. Ma nuove sfide potrebbero incrinare la sua serenità così faticosamente conquistata. Sull’azienda e sul lancio del marchio Revenge negli Stati Uniti pesa una grave minaccia, tanto che Faye è costretta a rientrare a Stoccolma. Non può e non vuole rischiare di perdere tutto quello per cui ha tanto lottato. Questa volta, però, la determinazione non basta, e per risorgere dalle ceneri e riprendere il controllo della situazione ci vuole un piano ancora più diabolico. Così, con l’aiuto di un gruppo sceltissimo di donne, Faye torna a combattere per difendere ciò che è suo, e per proteggere se stessa e i propri cari.
Quarta di copertina: Nahr è rinchiusa nel Cubo: tre metri quadrati di cemento armato levigato, privata di ogni riferimento di tempo, con i suoi sistemi di alternanza luce e buio che nulla hanno a che vedere con il giorno e la notte. Vanno a trovarla dei giornalisti, ma vanno via a mani vuote, perché Nahr non condividerà la sua storia con loro. Il mondo lì fuori chiama Nahr una terrorista e una puttana; alcuni forse la chiamerebbero una rivoluzionaria o un esempio. Ma la verità è che Narh è sempre stata molte cose e ha avuto molti nomi. Era una ragazza che ha imparato, presto e dolorosamente, che quando sei un cittadino di seconda classe l’amore è un solo tipo di disperazione; ha imparato, sopra ogni cosa, a sopravvivere. Cresciuta in Kuwait, è una ragazza arrivata in Palestina con le scarpe sbagliate e che, senza andare a cercarseli, trova scopi, passione politica, amici. E trova un uomo dagli occhi scuri, Bilal, che le insegna a resistere; che prova a salvarla ma quando è già troppo tardi. Nahr si mette seduta nel Cubo e racconta la storia a Bilal. Bilal che non è lì, che forse non è più neanche vivo, ma che è la sua unica ragione per uscire fuori.
Quarta di copertina: Febo ha tredici anni e vive insieme ai nonni in un piccolo borgo sull’Appennino all’ombra dei Castagni Gemelli, popolato da leggende paurose e da un’umanità bizzarra e variopinta: ci sono Bue e suo padre Chicco, Slim e i sette fratelli Carta, Pietrino detto Zanza che di Febo è il più caro amico, Celso l’indio silenzioso con il suo cavallo Strappafiori. E poi c’è Ca’ Strega, dove vive Luna, muta e selvaggia, con la sua stravagante famiglia capeggiata da una nonna dotata di poteri magici. Il destino di Febo e Luna è segnato da un pomeriggio al luna park, e dalla profezia su una misteriosa mano di ferro. Le loro strade si dividono – lei finisce in un istituto di suore dove il dottor Mangiafuoco le farà recuperare la voce, mentre lui va a studiare in città dove ritrova un padre megalomane, sempre sul punto di concludere “un grande affare” e una madre amareggiata. Pur se lontani, Febo e Luna non smettono mai di pensarsi e di volersi bene. Lui tutto grandi teorie e proclami, lei concreta e battagliera. Il destino della loro vita è lasciarsi e ritrovarsi, e ogni volta il loro distacco è preceduto dalla separazione, premonitrice e crudele, di un’altra coppia di amanti. Anche quando, sullo sfondo di un’Isola cristallina, si illudono brevemente di poter restare sempre insieme, si perderanno. Gli anni passano, Febo adesso ha un figlio amato e indipendente, e della passione per la natura e l’ecologia ha fatto un mestiere; Luna aiuta i deboli e insegna la lingua dei segni a chi non ha la voce. Su di loro incombe l’ultima separazione, lei nel gelo del Nord, lui nel cuore di una foresta tropicale.
Quarta di copertina:Londra 2067. La digitalizzazione dei ricordi ormai è una realtà. Ad Alec Raines, giovane memo designer della Keepsake, agenzia di grafica multisensoriale, viene affidato l’editing della memoria di Alice Grossman, la neuro scienziata premio Nobel che con le sue scoperte ha reso possibile il “Memory download”, la pratica che consente lo scarico dei dati mnemonici. Ma prima ancora di avere il tempo di analizzare quei dati neurali, Alec viene travolto da una serie di eventi: è accusato di un omicidio che non ha commesso e scopre all’improvviso di non potersi fidare delle persone a lui più vicine. Incastrato da una misteriosa agenzia di intelligence, gli viene rivelato di avere una dote che altri non hanno: oltre che designer è anche downloader, ovvero un individuo con la predisposizione genetica a far propri brevi ricordi altrui, e così, suo malgrado, si ritrova coinvolto nel tentativo di sventare un complotto contro il presidente degli Stati Uniti.
Quarta di copertina: Sayoko e Yōichi hanno avuto un incidente, lei è rimasta gravemente ferita, lui invece non c’è più. La loro era una storia bellissima, in cui la scarsa volontà di impegnarsi era compensata da un amore profondo e libero, e senza di lui Sayoko si sente vuota, o forse, come le dice l’amico okinawano Shingaki, deve solo andarsi a riprendere il suo mabui. È proprio la ricerca del mabui, di una cosa che somiglia molto all’anima e che Sayoko non sa nemmeno se la rivuole per davvero, il tema centrale di un romanzo che, con profondità e delicatezza, racconta il dolore e la rinascita di chi è sopravvissuto alla morte di qualcuno che amava. Ambientato fra i templi e gli onsen di Kyoto, con riferimenti a Frankenstein e agli zombie, Il dolce domani, scritto dopo l’incidente di Fukushima, sembra suggerire la nostalgia per ciò che si è perduto come mezzo per superare il trauma di aver vissuto il disastro di Fukushima e le sue conseguenze.