Parlano del libro: “Un romanzo d’esordio sorprendente. Scorrevole e ipnotico, offre una testimonianza impressionante sul modo in cui la società svaluta la creazione artistica, mentre celebra la procreazione, e una speculazione su cosa potrebbe succedere se tutto questo fosse portato all’estremo. Per i fan di Orwell e Huxley”
«L’Unità mi è piaciuto moltissimo. Sono sicura che ne rimarrete incantati, come è successo a me».
Margaret Atwood

L’atmosfera che si respira è quella della rassegnazione, di teste chinate senza alcuna prospettiva se non quella morte e della distruzione, a piccoli passi, del proprio corpo.
Premetto che è il primo romanzo distopico non classico che leggo e come primo approccio, nonostante una trama con un buon potenziale, lo sviluppo della storia non mi ha soddisfatta.
Mi sono sempre interessata alla sfera letteraria della distopia ma non ho mai avuto il coraggio di uscire dai binari del mondo del colosso George Orwell.
Da un certo punto di vista, penso che questo romanzo sia particolarmente realistico e che non si discosti troppo da quello che potrebbe essere uno scenario (inquietante e terrificante) del prossimo futuro.
Mi spiego meglio: nel libro viene presentata una società che sfrutta gli esseri umani inutili (ad esempio la protagonista è una donna cinquantenne senza figli) ovvero ‘prodotti su i quali fare dei test’ per svolgere esperimenti farmacologici, psicologici e donazione degli organi per aiutare la popolazione socialmente utile (essere umani che hanno un lavoro e procreano, quindi mandano avanti la società) al funzionamento degli ingranaggi.
Un gran mix tra ‘Il racconto dell’ancella‘, ‘1984‘ e il film ‘The Island‘.
La storia è raccontata in prima persona dalla protagonista Dorrit, i personaggi secondari sono pochi e secondo me anche poco approfonditi, anche l’io narrante non è da meno. Ci viene raccontato davvero molto poco della vita della protagonista.
L’ ambientazione mi ha messo molta angoscia.
Non c’è alcuna prospettiva né fiducia, il nichilismo totale. Non è presente neanche la soddisfazione, il piacere di rendersi “utili” negli ultimi momenti di vita.
A distanza di giorni dalla conclusione del libro ho la sensazione che non mi abbia lasciato molto su cui riflettere.
La scrittura è semplice ed è un racconto in prima persona senza infamia e senza lode, dallo stile molto piatto. Mi ha ricordato un anziano che narra la sua vita ai nipoti.
La protagonista ha un momento in cui può scegliere, coglierà l’occasione?
Per scoprirlo, ovviamente, dovrete leggere il libro.

Per quanto riguarda l’impalcatura letteraria il libro scorre bene ed è composto da capitoli brevi. Nonostante tutto, ti permette di incollarti alle pagine senza accorgerti del tempo che passa.
Come struttura penso sia tra le mie preferite perché non mi ha annoiata o demoralizzata soprattutto se già la trama per me è complicata da seguire credo che un libro fatto bene possa ridurre i problemi.
“Non giudicare un libro dalla copertina” ma io lo faccio comunque…
La copertina è molto semplice e minimale. La Fazi Editore, come sempre, punta all’essenziale!

La donna in primo piano, che rappresenta la protagonista, mi ricorda le statue greche quasi impassibili davanti allo scorrere del tempo e della vita. Si nota la rassegnazione nel suo volto. In contrapposizione abbiamo la natura sullo sfondo con questi fiori che sono in piena primavera quasi a voler simboleggiare la nascita di un qualcosa di bello e nuovo.
In conclusione, questa volta mi trovo in seria difficoltà sulla votazione finale, perché penso che il libro abbia del potenziale inespresso che però non sono riuscita a cogliere fino in fondo.
Forse voleva essere un libro esistenzialista? Non lo so ma non sono stata soddisfatta dalla lettura per cui il mio voto, al momento, è 2 stelline su 5.

Quarta di copertina:
Un giorno di inizio primavera Dorrit, scrittrice cinquantenne single e senza figli, viene accompagnata all’Unità. D’ora in avanti vivrà lì. Quello che la accoglie è un luogo idilliaco, almeno in apparenza: una struttura all’avanguardia dotata di eleganti appartamenti immersi in splendidi giardini, dove vengono serviti elaborati pasti gourmet e ci si può dedicare alle più svariate attività. I residenti sono accomunati da una caratteristica: non hanno figli né una vita sentimentale stabile. Finalmente libera dal giudizio sociale che ha sempre percepito come un peso, Dorrit è felice di poter fare amicizia con persone come lei. Ma c’è un prezzo da pagare: gli ospiti dell’Unità, chiamati “i dispensabili”, si trovano lì per un motivo ben preciso. Faranno da cavie per una serie di test farmacologici e psicologici, per cominciare, e poi doneranno i loro organi, uno per uno, fino alla cosiddetta
“donazione finale”. Anche loro, così, saranno utili alla società: si sacrificheranno per chi, nel mondo fuori, è genitore. Dorrit è rassegnata al suo destino e desidera soltanto trascorrere i suoi ultimi giorni in pace, ma presto incontra un uomo di cui si innamora follemente, e l’inaspettata felicità da cui è travolta la costringe a ripensare ogni cosa.
Nel suo romanzo d’esordio la svedese Ninni Holmqvist, una narratrice formidabile, immagina un mondo lontano eppure pericolosamente vicino. L’Unità, considerato un classico moderno e già molto apprezzato in patria e all’estero, racconta una storia vivida, commovente e attualissima, che racchiude un’acuta riflessione sulla società odierna e l’identità femminile.
Chi è l’’autrice?

Ninni Holmqvist è nata nel 1958 e vive nella Scania, in Svezia. Ha esordito nel 1995 con la raccolta di racconti Kostym. L’Unità, uscito in Svezia nel 2006, è il suo primo romanzo, grazie al quale ha ottenuto un successo internazionale: è stato tradotto in dieci paesi e i diritti televisivi sono stati opzionati. Quando non scrive, lavora come traduttrice e insegna Scrittura creativa.