Titolo: Legosofia – Apologia filosofica del Lego
Autore: Tommaso W. Bertolotti
Casa Editrice: Il melangolo © 2017
Pagine: 141 pagine
Prezzo: € 8.00
Valutazione: ✓✐✐✐✐
Sinossi:
«Se si dovesse riassumere in una frase la filosofia dei Lego, direi che i Lego sono classici e platonici. Il loro modello è quello della Grecia di Pericle, di Platone e di Socrate, la Grecia delle città-stato, note come poleis. Polis è proprio il contesto nella scatola ma anche fuori dalla scatola: i Lego descrivono sì la polis, ma sarebbero anche potuti essere i giocattoli della polis, atti a formare i piccoli cittadini di domani. Ma il Lego è specialmente platonico. Perché? Per il rapporto fortissimo con l’idea di bene, per l’importanza del modello, della sua dimensione matematica, per la realizzazione di questo modello da parte del costruttore attraverso la contemplazione delle istruzioni. Infine, è potentemente platonico il tipo di mondo che il Lego struttura, ordinato e giusto, in cui ognuno si occupa di ciò che gli è proprio».
L’autore è Tommaso Wayne Bertolotti vive tra Pavia, dove insegna Filosofia cognitiva all’Università, e Parigi, città in cui ha recentemente avviato MonPhilosophe, un servizio di consulenza filosofica destinato ai privati e alle imprese.
Recensione:
“L’imitazione tipica dei Lego sarebbe invisa a Platone se fosse arduo distinguerla dalla realtà, come un’immagine riflessa da uno specchio o un videogioco in 3D estremamente realistico. I Lego, al contrario, sono drammaticamente inverosimili nella loro verosimiglianza, o se si preferisce verosimili nella loro inverosimiglianza: in ogni caso, nessuno può scambiare i modelli Lego per il mondo reale! Il Lego è un eccellente strumento di pandeia (parola greca che indica al contempo l’educazione e il gioco), nella misura in cui spiega l’imitazione senza intrappolarvi chi gioca […]”
Bertolotti sviluppa un tema tanto giocoso quanto di culto declinandolo, anzi modellandolo, a guisa di saggio filosofico.
Senza troppe velleità e con adeguata ragionevolezza il prof. di filosofia spiega il suo punto di vista sul Lego in capitoli dai titoli come: “Pitagora Reloaded”, “Lo spirito del Lego” e “In bricks we trust”.
“Nei Lego pensare è costruire, pensare è manipolare. Il pensiero è distribuito nei mattoncini, il pensiero avviene attraverso di essi. Parlare semplicemente di pensiero può essere però un po’ vago.
[…]
Pensare può essere contemplare, ma può essere ricercare attivamente, o risolvere un problema, o semplicemente essere creativi.”
Personalmente ho trovato estremamente interessante la lettura di questo piccolo saggio, sono una fedele appassionata del Lego. Fedele non a caso, perché di culto si tratta, anche Bertolotti lo sostiene apertamente. Ho trovato nuovi punti di vista e ritrovato alcune considerazioni che avevo già fatto in maniera autonoma (e poco organizzata).
Il culto del Lego, dunque, la via del mattoncino. Lo sguardo avido nell’aprire la scatola nuova, il rumore che produce, inconfondibile. Lego: non solo un marchio ma anche un leitmotiv che unisce le generazioni. I pezzi di 40 anni fa montano ancora su quelli odierni. In bricks we trust.
Omini Lego che sono piccoli noi, piccoli noi tutti uguali e dal faccino giallo lucido che camminano in una Lego City, una città ideale dove tutti hanno un ruolo, anche i ladri. Dove tutti sono accumunati da un senso di meravigliosa unità. Uniti dalla via del mattoncino.
Milioni di appassionati in tutto il mondo, riunioni di collezionisti, esibizioni, mostre, merchandise, app e parchi a tema. Tutto questo per dei piccoli pezzi di plastica a forma di mattone. Piccoli pezzi: Lego classic, Lego technic, Lego creator, Lego City, Lego star wars, Lego Marvel, Lego Ninjago, Lego DC… ecc.
Tutti di plastica, tutti verosimili ma non veri, tutti amatissimi.
(Ah, Dite che c’è anche qualcuno che non ama i Lego? Davvero?? Beh, c’è sempre qualche matto nel mondo, lo tratteremo come rumore di fondo).
Perché i Lego sono i Lego?
Con Bertolotti analizziamo proprio questo, perché? Cosa possiamo vederci? Come possiamo interpretare questo amore incondizionato?
E cosa ne direbbe Pitagora?
Per saperlo dovete leggere il libro del professor Bertolotti, io devo andare a montare un nuovo set, scusate eh.
© Bianca Casale