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Enrico Brizzi al Circolo dei Lettori di Torino, reading in musica

Il 19 settembre si è tenuto presso il Circolo dei Lettori di Torino l’incontro con Enrico Brizzi , il circolo è un luogo bello come solo i luoghi di cultura possono essere. Il reading musicale da “Tu che sei di me la miglior parte” e “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” è arrivato dopo una buona oretta di discussione con Fabrizio Vespa, Brizzi ha raccontato come è arrivato a scrivere il primo, fortunatissimo, romanzo e di come questa fortuna gli abbia cambiato l’esistenza. Lo racconta in maniera divertente e rilassata, è una persona piacevole e per nulla affettata. Prosegue dicendo quello che gli è accaduto negli anni seguenti, fino alla chiave di volta, descritta in Nessuno lo saprà, che segnerà un prima e dopo, una cesura nella vita e nell’opera di Brizzi. Il suo cammino che non si è mai fermato.
Racconta poi del ciclo che si completa, la sua figlia più grande frequenta la seconda liceo, si sente libero, finalmente, di creare una storia che ha qualcosa a che fare con Jack frusciante è uscito dal gruppo, quella sarà la storia di Tommy e di Hester, di Raul e dei ragazzi del cortile. Non è Jack frusciante 2 (grazie al cielo). L’autore conferma che è andato a pescare dall’unica adolescenza che conosce, la sua, a cavallo tra ottanta e novanta a Bologna. Ed ecco “tu che sei di me la miglior parte” (la nostra recensione di Luglio 2018 la trovate qui), sua ultima fatica.

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Enrico Brizzi durante il reading musicale

Parla anche di amore per la musica, quasi sempre presente nelle sue storie, ed è in musica che termina la serata, con il reading che scalda una serata di fine estate ancora torrida.
Ho sempre amato Brizzi per il suo mettere sempre un po’ di se stesso nei romanzi, nelle storie, anche quando la fantasia vola alta un briciolo di realtà, realtà di Enrico,  rimane sempre. Lo trovo un grande narratore, uno che racconta diretto alla mia generazione (che è anche la sua, o quasi) ma che riesce a parlare benissimo anche alle altre. Forse perché i suoi temi sono grandi temi, il confronto con il proprio io, con la verità di essere ciò che si è, senza artifici; la crescita, l’amore e anche l’amore che finisce, cadere, cedere e rialzarsi. L’amicizia, una grande fil rouge che è sempre presente in ogni suo lavoro.

Racconta a noi nati negli anni settanta, perché la musica è quella, la vita è quella, i gettoni nelle cabine e le cassette musicali datano precisamente sia “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” che “Tu che sei di me la miglior parte”, nonostante questo arrivano a tutti.
davLa conferma arriva al momento firma copia dove persone ben più giovani di me chiedono dediche o addirittura informazioni per una tesi. Una tesi di laurea su Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Per me un brivido, mi sento antica, chissà per l’autore cosa deve significare. Ma il suo romanzo è sulle antologie da un po’ di anni oramai, ci avrà fatto l’abitudine, lui.
Io no, io che lo leggevo durante gli intervalli a scuola, io non ho ancora fatto pace con questa cosa.
Ma torniamo al 19 settembre 2018. Al firma copie.

Lui è disponibile, gioviale e gentile, firma anche la mia copia, finirà nella parte preferita della libreria, che corrisponde ai libri che occupano un posto speciale nel mio cuore. Vicino a tutti gli altri di Enrico Brizzi.

Lui suona la musica giusta.
Attendo il prossimo incontro, il prossimo lavoro, certa che sarà una sorpresa e sarà migliore del precedente.

Pubblicato in: Narrativa contemporanea, Romanzo

Tu che sei di me la miglior parte – Enrico Brizzi

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Titolo:  Tu che sei di me la miglior parte

Autore: Enrico Brizzi

Casa Editrice: Mondadori

Pagine: 552 pagine

Prezzo: € 20,00

Valutazione: ✓✐✐✐✐✐ 

Trama: Bologna, anni Ottanta: Tommy Bandiera, orfano di padre, cresce con la mamma Alice e la famiglia di lei. I racconti dell’avventuroso zio Ianez, i giochi condivisi con gli amici Athos e Selva fra cortile e parrocchia, e le prime, timide, relazioni con le coetanee scandiscono le tappe della sua crescita sino alla sconvolgente apparizione del vero amore. L’impareggiabile Ester, però, fa battere il cuore anche al nuovo arrivato Raul, che di Tommy diventerà la guida e la nemesi, il modello irraggiungibile e il “peggiore amico” capace di scortarlo attraverso le prove iniziatiche tutt’altro che innocenti dell’adolescenza.

L’asimmetrico triangolo che li lega negli anni delle scuole superiori prenderà via via i colori di una tenera educazione sentimentale e di una conturbante lotta per trovare il proprio posto nel mondo; la meraviglia e la fatica del diventare grandi li metteranno di fronte a scelte non scontate e passi senza ritorno, tradimenti che li sprofonderanno nell’abisso della disperazione e inattese prove di lealtà capaci di riaccendere la fiducia, sino alla grande, incancellabile, avventura che vedrà i tre ragazzi protagonisti nell’estate dei diciott’anni.


Recensione:

Romanzo di formazione? Sì, certo. L’unica certezza però, a ben guardare è la seguente: questa storia è narrata talmente bene che potrebbe essere ambientata ai tempi di Re Artù o su una colonia terreste in galassie sconosciute nel 3565. Non farebbe alcuna differenza. Perché sì, ci sono gli anni a cavallo tra ’80 e ’90, ci sono le cassette TDK e gli zaini Invicta bicolore e gli stili nel vestire tipici di quel periodo. Ma parla di un ragazzo e dei suoi amici, di un bambino che cresce e diventa adolescente e poi anche giovane uomo. Con tutti i travagli del caso, senza un padre che segnali il confine tra il bene e il male. Inseguendo figure che appaiono forti e invincibili ma si rivelano semplici esseri umani.

“Quello che abbiamo fatto è quello che ci ha resi ciò che siamo” osservò. “L’uomo che ti parla in questo momento è anche il bambino che andava alle elementari col grembiule, il liceale innamorato, il giovanotto che girava l’Europa in autostop e non si decideva mai a laurearsi. È passato del tempo, ma loro sono ancora qui”.

Una cavalcata di 500 pagine che sembrano davvero troppo poche, costellate di meraviglie e trapunte di stelle, probabilmente complici sono i lacrimoni (almeno i miei) che vengono trattenuti a stento oppure lasciati correre perché troppi da arginare.

Un tempo credevo che suo padre fosse l’uomo più forte del mondo. Mister Carboni era un eroe sempre allegro che saliva lungo scale altissime per salvare le persone dagli incendi; ora che la vita l’aveva piegato, costringendolo nel limbo della depressione, il mio amico era pronto a raccoglierne l’eredità.
La figura era sputata a quella di lui, mentre la mandibola forte già ombreggiata di barba a metà mattina e lo sguardo fiero, la folta chioma scura raccolta a coda e le sopracciglia pronunciate arrivavano dritti dagli antenati sanniti della madre.
Forse si poteva intuire già da bambini, come sarebbe diventato. Ma ormai sapevo che non c’era nulla da dare per scontato. Qualcuno si faceva male, e non riusciva mai a inverarsi nell’uomo che sarebbe dovuto diventare. Qualcuno si perdeva lungo strade sbagliate, e qualcun altro moriva,  di colpo o un giorno alla volta. C’era anche chi, fra i regaz di Bologna city, si ammazzava da solo. Come Martino il mangiapastiglie, l’amico del bassista Alex, che non aveva retto il peso dei suoi problemi; aveva visto tutto buio, si era arreso all’idea del fallimento, e forse nel levarsi la vita pensava di fare una cosa da samurai. Invece era stata un mossa da perdenti integrali, l’apice dell’egoismo, la versione romantica d’un tradimento imperdonabile. Non ci pensava, il flippato, a quanto dolore si sarebbe lasciato dietro? A quale condanna infliggeva agli altri? Era così che si restava soli, senza musica e senza amici, al proprio funerale.

Tommy Bandiera è un ragazzo, uno come lo siamo stati tutti, Ester è una ragazza (ecco lei magari non lo siamo state tutte, ché belle così mi sa che è raro), Raul è un personaggio quasi epico, uno di quelli da guardare come il più figo di tutti, ma sulla lunga distanza a bruciare sempre si potrebbe anche incenerire.
La storia di questi tre, ma anche la storia di noi. Noi che quegli anni lì li abbiamo vissuti ma anche la storia di quelli prima e di quelli dopo. Magari per quelli dopo può servire capire come si viveva ai tempi oramai dimenticati del telefono con il filo e nessuna rete internet.
E poi c’è lo stile di scrittura di un narratore con i fiocchi e i controfiocchi. Che sia il mio preferito è ovvio e palese ma questo non toglie che se lo sia meritato. Questo romanzo ha la carica dei suoi primi e la capacità evocativa che solo la maturità riesce a dare.
Inoltre c’è il salto del battito cardiaco, quando salta fuori come un cameo da grande attore, il vecchio Alex, Martino e Adelaide.
Ma attenzione, non pensate che sia “come Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, o magari una sua riedizione in salsa 2018, proprio no: qui Brizzi prende (forse) alcune ombre cinesi dal suo libro di esordio, quello che lo ha reso famoso, e costruisce una nuova storia che è un affresco vivo e acceso di una vita intera. Ché il bimbo Bandiera nel cortile di nonna Sandra e l’uomo che sarà sono la stessa cosa. E crescono come un arbusto tanto bello quanto velenosi possono essere i suoi fiori.
Per me: libro dell’anno.
Quanto mi piacerebbe sapere che uomo diventerà quel Tommy. E cosa succederà alla figlia della saccopelista, e il peggiore amico reggerà?

Il libro è troppo breve, come la vita.
Per dirlo con nonna Sandra:

“Passa così veloce” […] ” Un attimo lui ti viene incontro sorridendo davanti a tutti e ti senti come una regina, e il momento dopo devi già levare il disturbo”.

© Bianca Casale

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