a cura di Valentina Isernia
Ho sempre seguito con interesse il pensiero lucido e a tratti pungente di Gramellini nelle sue strisce quotidiane sulla stampa o durante le ospitate televisive. Il suo romanzo “Fai bei sogni”, tanto acclamato, è nella mia lista di libri da leggere da molto tempo.
Complice il prezzo ridotto, la copertina ammiccante e la bag in omaggio “Leggere causa indipendenza” al salone del libro di Torino, sono stata portata all’acquisto di questo piccolo romanzo.
Titolo: Avrò cura di te
Autore: Massimo Gramellini, Chiara Gamberale
Edizione: TEA [Longanesi]
Prezzo: 5 €
Pagine: 190
Valutazione: ✓✐✐✐
Descrizione: Gioconda detta Giò ha trentacinque anni, una storia familiare complicata alle spalle, un’anima inquieta per vocazione o forse per necessità e un unico, grande amore: Leonardo. Che però l’ha abbandonata. Smarrita e disperata, si ritrova a vivere a casa dei suoi nonni, morti a distanza di pochi giorni e simbolo di un amore perfetto, capace di far vincere la passione sul tempo che passa: proprio quello che non è riuscito al matrimonio di Giò. La notte di San Valentino, festa che lei ha sempre ignorato, Giò trova un biglietto che sua nonna aveva scritto all’angelo custode, per ringraziarlo. Con lo sconforto, ma anche il coraggio, di chi non ha niente da perdere, Giò ci prova: scrive anche lei al suo angelo. Che, incredibilmente, le risponde. E le fa una promessa: avrò cura di te. Poi rilancia. L’angelo non solo ha una fortissima personalità, ma ha un nome: Filèmone, ha una storia, una vita umana alle spalle. Soprattutto ha la capacità di comprendere Giò come Giò non si è mai compresa. Di ascoltarla come non si è mai ascoltata. Nasce così uno scambio intenso, divertente, divertito, commovente, che coinvolge anche le persone che circondano Giò: il puntiglioso ex marito, la madre fricchettona, l’amica intrappolata in una relazione extraconiugale, una deflagrante guida turistica argentina, un ragazzino che vuole rinchiudersi in una comune… Uno scambio che indaga non solo le mancate ragioni di Giò: ma le mancate ragioni di ognuno di loro. Perché a ognuno di loro, grazie a Filèmone, voce dell’interiorità prima che dell’aldilà, sia possibile silenziare la testa e l’istinto. Per ascoltare il cuore. Anche e soprattutto quando è chiamato a rispondere a prove complicate, come quella a cui sarà messa davanti Giò proprio dal suo fedele Filèmone, in un finale sorprendente che sembrerà confondere tutto. Ma a tutto darà un senso.
Recensione: Se siete convinti che la tipologia di narrazione sia importante quanto la storia in sé, “Avrò cura di te” è un romanzo per voi. Ma qui e solo qui si fermano i miei pro a questo libro.
Quella fra Giò e Filemone è una corrispondenza che nelle prime pagine di questo volume colpisce e cattura. Chi si ritrova ad aver vissuto una storia d’amore finita male, empatizza immediatamente con la protagonista, con la sua necessità di ricostruire spazi “per uno”, di appoggiarsi alle figure più vicine a lei che ascoltino il suo profondo disagio: suo marito l’ha lasciata e apparentemente in modo definitivo, senza rimorsi.
“Ti pare possibile che due persone che s’addormentavano allacciate, e allacciate si risvegliavano, si ritrovino a parlare solo di scatoloni?”
Man mano che la lettura prosegue, goccia a goccia vengono raccontati piccoli particolari che alla fine permetteranno di ricostruire il puzzle dell’incontro e della separazione fra Giò e Leonardo e di conoscere la vita dei personaggi che ruotano attorno alla protagonista.
Gli amori non finiscono col tempo. Cambiano forma, scavando nuove profondità. E se ci lasciano non è perché sono durati troppo, ma perché a un certo punto hanno incontrato il vuoto.
Ma forse dire “personaggi” è esagerato. Il racconto è infatti tutto incentrato su Giò che, però, non sembra aver costruito tanto nella sua vita. Un’amica, i due nonni ormai morti, l’ex marito e un nuovo, abbozzato partner.
L’unica amica di Giò è una donna sposata, che vive una stabile relazione extraconiugale non solo mai condannata dalla protagonista, ma a tratti persino invidiata per lo spirito con cui viene portata avanti.
L’angelo Filemone, che promette a Giò protezione e che la porta d’innanzi ai propri egoistici pensieri, spesso divaga in pesantissime e inutili dissertazioni che costringono quasi a voltare pagina saltando a piè pari periodi forzatamente complessi per una narrazione generalmente semplice.
Ma in fondo chi non vorrebbe continuare a leggere per capire come la nostra eroina ferita nell’animo riesca a rinascere? A posteriori risponderei: io.
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Man mano che la storia prosegue, si scopre infatti che l’intraprendente Gioconda ha tradito il buono e amorevole marito. Motivo? Non lo sa nemmeno lei, che asserisce di amarlo e di averlo sempre amato.
Si è persa, Giò, ha perso la sua naturale vocazione da insegnante, il suo rapporto con gli studenti, tanto da cedere alle lusinghe del padre di uno di loro, vedovo. Giò tradisce l’ignaro Leonardo e mente al suo fragile studente mentre tenta di fargli da guida.
A un certo punto, non c’è nessun tipo di sentimento che questo libro possa fa nascere nel lettore, se non il fastidio nel leggere di questa donna che ha tradito e si sente vittima, che ora sbatte i piedi perché non ha più quello che aveva, rifiutando addirittura una nuova e sana relazione con un uomo per bene.
Dalla seconda metà in poi, l’unico motore del racconto è l’intreccio che lega l’angelo Filèmone alla storia della nonna di Giò, che forse non aveva amato in modo così unico e speciale come credeva.
Di solito non amo commentare i finali, ma vi abbiamo dato uno spoiler alert, quindi mi permetto di farlo, perché credo che sia il finale peggiore mai letto in vita mia.
Dopo una serie di blande vicissitudini Leonardo, che si è dimostrato forte e dignitoso, cede a un incontro con Gioconda e i due ritornano insieme perché, come Filemone spiega, sono legati dal filo invisibile del destino.
Due donne che tradiscono, annoiate dalla vita, due uomini che ne vivono passivamente le scelte, una storia d’altri tempi intrecciata nel mezzo. Personaggi privi di vero spessore e un finale totalmente inaccettabile.
Per i valori che trasmette, più che per i contenuti e la narrazione, sconsiglio questo libro candidamente definito da molti “Una favola moderna che ripropone una nuova lettura della canzone “La cura” di Battiato”.